Jim Dine - Car Crash

Nell’autunno del 1960 lasciammo la Reuben Gallery, intendo, lo spazio sulla Fourth Avenue. Vivevo con mia moglie e mio figlio, allora avevo un solo figlio, al numero 44 della East Third Street, in quello che chiamavano East Village-Lower East Side. Avevamo un appartamento bifamiliare al secondo piano, sopra di noi viveva una vecchia coppia e al piano terra c’era un negozio vuoto. Convinsi Anita Reuben ad affittarlo per poterci fare delle performance, così in autunno realizzai Car Crash. Mi venne l’idea perché l’estate precedente avevo avuto due incidenti d’auto e il mio migliore amico del liceo era morto in un incidente d’auto. Quindi era qualcosa che avevo in testa. Ma c’erano anche delle connotazioni sessuali. Non posso andare troppo a fondo della mia analisi di quell’opera, ma credetemi c’erano. 

In questa performance erano coinvolte quattro persone, un uomo e una donna, e poi la moglie di Oldenburg, Patty Muschinski, un’attrice meravigliosa. Io recitavo nel ruolo della automobile. Ero una macchina grande e argentata. Indossavo un impermeabile che avevo dipinto con lo spray d’argento e una cuffia da bagno anche quella dipinta d’argento. Avevo un make-up bianco in faccia e mi facevo strada attraverso il pubblico fino a raggiungere una lavagna dove disegnavo molti, molti pastelli di automobili. Disegnavo e facevo il rumore della macchina e cancellavo i disegni. Un uomo e una donna - l’uomo vestito da donna e la donna vestita da uomo - si muovevano in mezzo al pubblico in una specie di danza catatonica. Pat Muschinski, nel frattempo, si trovava in cima a una scala a pioli, ma la scala non era visibile, coperta da una lunga veste bianca che arrivava fino a terra, alta circa due metri. Recitava un mio copione, non rumori di macchine, ma parole che avevo messo insieme, simili a poemi concreti.  

Il tutto era una grande cacofonia di suoni e quando tutto ebbe fine, la gente era esausta.  È stato grandioso, le persone lo hanno amato. Anni dopo continuavano a dirmi “non capisco perché hai smesso, avresti dovuto continuare”. Sai com’è, la vita va avanti, ma devo dire che quello è stato un grande successo. Io ero un’automobile, c’era una grande croce rossa sospesa sul pubblico. In una foto si vede Pat, in un’altra io sono di fronte a una litografia intitolata Crash, crash, crash, crash.