I testi

 
MANIFESTO

Julian Rosefeldt

Video installazione in tredici schermi
 

 
1. PROLOGO | Miccia che brucia
 
2. SITUAZIONISMO | Senzacasa
 
3. FUTURISMO | Broker
 
4. ARCHITETTURA | Operaia in un inceneritore di rifiuti


5. VORTICISMO / CAVALIERE AZZURRO / ESPRESSIONISMO ASTRATTO | Amministratrice delegata

6. STRIDENTISMO / CREAZIONISMO | Ragazza punk tatuata

7. SUPREMATISMO / COSTRUTTIVISMO | Scienziata

8. DADAISMO | Oratrice a un funerale
 
9. SURREALISMO / SPAZIALISMO | Burattinaia
 
10. POP ART | Madre tradizionalista con la famiglia
 
11. FLUXUS / MERZ / HAPPENING | Coreografa
 
12. ARTE CONCETTUALE / MINIMALISMO | Telecronista e reporter
 
13. CINEMA | Insegnante
 
 
Traduzioni di Maria Baiocchi.
Per la traduzione dei manifesti italiani sono stati utilizzati i brani originali. Per i manifesti in altre lingue, conosciuti in Italia attraverso traduzioni accreditate, quando possibile, si è fatto riferimento a queste. Laddove Julian Rosefeldt ha leggermente modificato il brano originale, la traduzione tiene fede alla sua riscrittura.
© 2019 Azienda Speciale Palaexpo e Julian Rosefeldt
 
 


PROLOGO
Miccia che brucia

Tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria.
(Karl Marx e Friedrich Engels, Manifesto del Partito comunista, 1848)

Per lanciare un manifesto bisogna volere: A.B.C., scagliare invettive contro 1, 2, 3, eccitarsi e aguzzare le ali per conquistare e diffondere grandi e piccole a, b, c, frmare, gridare, bestemmiare, dimostrare il proprio non-plus-ultra, imprimere alla propria prosa l’accento dell’ovvietà assoluta, irrefutabile.
(Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918)

Sono contro l’azione; per la contraddizione continua e anche per l’affermazione, non sono né favorevole né contrario e non dò spiegazioni perché detesto il buonsenso.
(Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918)

Scrivo un manifesto perché non ho nulla da dire.
(Philippe Soupault, La letteratura e il resto, 1920)

Parlo sempre per me perché non voglio convincere nessuno, non ho il diritto di trascinare gli altri nella mia corrente, non costringo nessuno a seguirmi e ciascuno si fa l’arte che gli pare, se conosce
l’euforia che saetta fino agli strati astrali e quella che si addentra nelle miniere forite di cadaveri e di fertili spasimi.
Si crede forse di aver trovato una base psichica comune a tutta l’umanità? Come si può far ordine nel caos di questa informe entità infinitamente variabile: l’uomo?
(Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918)




SITUAZIONISMO
Senzacasa
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018

 
Noi continuiamo l’evoluzione dell’arte. Le idee non si rifutano, si trovano in germe nella società, poi i pensatori e gli artisti le esprimono.
(Lucio Fontana, Manifesto bianco, 1946)
 
Il genere umano sta attraversando la più profonda crisi della sua storia. Il vecchio mondo sta morendo; un altro sta nascendo. La civiltà capitalistica, che ha dominato la vita economica, politica e culturale dei continenti, subisce un processo di decadimento. In questo momento sta generando nuove devastanti guerre. In questo preciso momento l’Estremo Oriente ribolle di con?itti militari e preparativi che avranno conseguenze di vasta portata sull’umanità intera.
Nel frattempo la crisi economica imperante mette sempre più fardelli sulle masse della popolazione mondiale, e soprattutto su quelle che lavorano con le braccia e con la mente.
La crisi presente ha messo a nudo il capitalismo. Oggi più chiaramente che mai si dimostra come un sistema di rapina e frode, disoccupazione e terrore, fame e guerra.
La crisi generale del capitalismo si riflette nella sua cultura. L’ingranaggio politico ed economico della borghesia si sta corrompendo, la sua flosofa, la sua letteratura e la sua arte sono in bancarotta. La borghesia non è più una classe progressista e le sue idee non sono più idee progressiste. Al contrario il mondo borghese man mano che avanza verso l’abisso, ritorna al Medio Evo e al suo misticismo. Il fascismo in politica va di pari passo con il pensiero del neo-cattolicesimo.
(John Reed Club di New York, Manifesto, una bozza, 1932)
 
L’arte moderna, soffrendo di una tendenza permanente verso tutto ciò che è costruttivo e di un’ossessione di obiettività, rimane isolata e impotente in una società che sembra incline alla sua stessa distruzione. L’arte occidentale, un tempo celebrazione di imperatori e di papi, sta diventando strumento di glorifcazione di ideali borghesi.
Ora che questi ideali sono diventati immaginari con la scomparsa della loro base economica, siamo entrati in una nuova era, nella quale tutta la matrice delle convenzioni culturali perde signifcato.
Ma proprio come per la rivoluzione sociale, questa rivoluzione spirituale non può essere portata avanti senza con?itti.
In questo periodo di cambiamento, il ruolo dell’artista può solo essere rivoluzionario: è suo dovere distruggere gli ultimi residui di un’irritante e vuota estetica, risvegliando gli istinti creativi, ancora assopiti e inconsapevoli nella mente umana.
La nostra arte è l’arte di un periodo rivoluzionario simultaneamente reazione di un mondo che affonda e annuncio di una nuova era.
(Constant Nieuwenhuys, Manifesto, 1948)
 
Glorifichiamo la rivoluzione a gran voce come unico motore della vita. Glorifichiamo le vibrazioni degli inventori. Giovani e forti, marciamo con le torce accese della rivoluzione. Questo è il luogo – dello spirito ribelle. Al diavolo il meschino e il materialista!
(Aleksandr Rodchenko, Manifesto del Suprematismo e della pittura non-oggettiva, 1919)
 
Facciamo appello a tutti gli intellettuali onesti, a tutti gli scrittori e gli artisti, perché abbandonino l’illusione dell’arte per l’arte e che l’artista si possa isolare dai conflitti storici ai quali gli uomini devono partecipare. Facciamo appello a loro perché la facciano finita con le idee borghesi che cercano di nascondere violenza e frode, corruzione e decadenza della società capitalistica. Li esortiamo a forgiare una nuova arte che sarà un’arma nella battaglia per conquistare un mondo nuovo e migliore.
(John Reed Club di New York, Manifesto, una bozza, 1932)
 
Contro lo spettacolo, la nostra cultura introduce la partecipazione totale. Contro l’arte sotto vetro è l’organizzazione del momento direttamente vissuto. Contro l’arte parcellare, sarà la pratica globale e collettiva. Questa cultura non sarà dominata dal bisogno di lasciare tracce. Una rivoluzione del comportamento capace di estendersi all’intero pianeta, di essere ulteriormente estendibile a tutti i pianeti abitabili.
A coloro che non ci capiscono diciamo con sdegno irriducibile: "Noi di cui pensate di poter essere i giudici, noi un giorno giudicheremo voi!".
(Guy Debord, Manifesto dell’Internazionale situazionista, 1960)
 


 
FUTURISMO
Broker
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Avevamo vegliato tutta la notte – i miei amici ed io – sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perché come queste irradiate dal chiuso fulgore di un cuore elettrico. Avevamo lungamente calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche scritture.
Un immenso orgoglio gonfava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli, in quell’ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all’esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. Soli cogli ubriachi annaspanti, con un incerto batter d’ali, lungo i muri della città...
Finalmente, la mitologia e l’ideale mistico sono superati. Ecco, sulla terra, la primissima aurora! Non v’è cosa che agguagli lo splendore della rossa spada del sole, che schermeggia per la prima volta nelle nostre tenebre millenarie!
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi vogliamo glorificare la guerra e le belle idee per cui si muore.
(Filippo Tommaso Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909)

Esaltare ogni forma di originalità, anche se temeraria, anche se violentissima.
(Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini, Manifesto dei pittori futuristi, 1910)

Il dolore di un uomo è interessante, per noi, quanto quello di una lampada elettrica.
(Filippo Tommaso Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909)

Ci ribelliamo a tutto ciò che è tarlato, sudicio, corroso dal tempo. Noi dobbiamo ispirarci ai miracoli della vita contemporanea, alla ferrea rete di velocità che avvolge la Terra
(Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini, Manifesto dei pittori futuristi, 1910)

lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
(Filippo Tommaso Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909)

E possiamo noi rimanere insensibili alla frenetica attività delle grandi capitali, alla psicologia nuovissima del nottambulismo?
(Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini, Manifesto dei pittori futuristi, 1910)

Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
(Filippo Tommaso Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909)

Distruggere il culto del passato, l’ossessione dell’antico, il pedantismo e il formalismo accademico.
(Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini, Manifesto dei pittori futuristi, 1910)

Noi vogliamo liberare l’Italia dagl’innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.
Volete dunque sprecare tutte le vostre forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?
(Filippo Tommaso Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909)

Merda a Firenze, Montmartre e Monaco di Baviera. Lessici. Buongustismi. Orientalismi. Accademismi. Merda a Dante, Shakespeare, Tolstoj, Goethe. Dilettantismi merdeggianti. Merda a Montaigne, Wagner, Beethoven, Whitman e Baudelaire!
(Guillaume Apollinaire, L’antitradizione futurista, 1913)

Guardateci! Non siamo ancora spossati! I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poiché sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità!... Alzate la testa!... Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo una volta ancora, la nostra sfda alle stelle!
(Filippo Tommaso Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909)

I nostri occhi ruotando come eliche decollano verso il futuro sulle ali dell’ipotesi.
(Dziga Vertov, NOI. Variante del manifesto, 1922)

Venga fnalmente il regno della divina Luce Elettrica.
(Filippo Tommaso Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, 1909)

Largo ai giovani, ai violenti, ai temerari!
(Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini, Manifesto dei pittori futuristi, 1910)
 


ARCHITETTURA
Operaia in un inceneritore di rifuti
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Come arriverà l’alba – chissà? Ma già sentiamo il mattino. Non siamo più i trasognati vagabondi che si aggirano estasiati nella pallida luce della storia. Il fresco vento dell’alba soffa intorno a noi; chi non vuole tremare deve marciare. E noi, e tutti quelli che avanzano insieme a noi, vediamo in lontananza il risveglio del mattino!
Trasparente e luminoso un nuovo mondo brilla alle prime luci; emana i suoi primi raggi. Il primo bagliore dell’aurora gioiosa.
Decadi, generazioni – e il grande sole dell’arte comincerà il suo corso vittorioso. Oggi più che mai crediamo nella nostra volontà, che rappresenta il nostro unico valore nella vita: il continuo cambiamento.
(Bruno Taut, Luce mattutina, 1921)

Lottiamo senza tregua contro la vigliaccheria passatista. Sentiamo di non essere più gli uomini delle cattedrali, dei palazzi, degli arengari; ma dei grandi alberghi, delle gallerie luminose, dei rettifili, degli sventramenti salutari. Buttiamo all’aria monumenti, marciapiedi, porticati, gradinate, sprofondiamo le strade e le piazze, innalziamo il livello della città. Noi dobbiamo inventarla e ricostruirla simile ad un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e le nostre case devono essere simili a macchine gigantesche.
(Antonio Sant’Elia, Manifesto dell’architettura futurista, 1914)

In lontananza brilla il nostro domani. Evviva la trasparenza, il limpido! Evviva la purezza! Evviva sempre evviva il cristallino, il fluido, il grazioso, l’angolare, lo scintillante, il lampeggiante, la luce – evviva la sempiterna architettura!
(Bruno Taut, Abbasso il Seriosismo! 1920)

Un’architettura che sanguina, che sfanca, che turbina e che rompe, anche. Un’architettura che accende, che punge, che squarcia e sotto stress, lacrima. L’architettura deve essere cupa, ardente, liscia,
rugosa, angolare, brutale, rotondeggiante, delicata, colorata, oscena, voluttuosa, sognante, seducente, repellente, asciutta, bagnata e palpitante. Viva o morta.
Se fredda che sia fredda come un blocco di ghiaccio.
Se calda sia calda come un’ala in famme.
L’architettura deve bruciare.
(Coop Himmelb(l)au, L’architettura deve bruciare, 1980)

Io amo gli elementi che sono ibridi piuttosto che "puri", quelli di compromesso piuttosto che quelli "puliti", contorti piuttosto che "diritti", ambigui piuttosto che "articolati", noiosi quanto "interessanti", incoerenti ed equivoci piuttosto che chiari e diretti. Io sono per il disordine pieno di vitalità più che per l’unità ovvia. Sono per la ricchezza piuttosto che per la chiarezza del signifcato; preferisco "e-e" ad "o-o".
(Robert Venturi, Una architettura non semplice: un manifesto gentile, 1966)
 
 

 
VORTICISMO / CAVALIERE AZZURRO / ESPRESSIONISMO ASTRATTO
Amministratrice delegata
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Si apre una grande stagione: il "risveglio" spirituale, la tendenza a recuperare l’"equilibrio perduto", la inevitabile necessità di seminagioni spirituali, lo schiudersi delle prime gemme.
Siamo sulla soglia di una delle più grandi epoche che l’umanità abbia mai vissuto, l’epoca della grande spiritualità.
L’arte, la letteratura, e persino la scienza "positiva" rivelano gradi diversi di conversione alla nuova era; ma vi soggiacciono tutte.
(Vasilij Kandinskij e Franz Marc, Prefazione all’Almanacco del Cavaliere Azzurro, 1912)
 
Non abbiamo bisogno del vano conforto di una leggenda anacronistica e datata. Creiamo immagini la cui realtà è auto-evidente, siano esse belle o sublimi.
Ci stiamo liberando dalle catene della memoria, delle associazioni automatiche, della nostalgia, della leggenda, del mito.
Invece di costruire cattedrali su Cristo, sull’uomo o sulla "vita", le stiamo traendo da noi stessi, dai nostri stessi sentimenti.
L’immagine che produciamo è quella autoevidente, reale e concreta della rivelazione, che può esser compresa da chiunque la guardi senza le lenti nostalgiche della storia.
Il sublime è adesso.
(Barnett Newman, Il sublime è adesso, 1948)
 
Non è necessario essere scapigliati, emarginati, essere trasandati o poveri, come non è necessario essere ricchi o belli, per essere artisti.
L’arte non ha niente a che fare con l’abito che porti.
I "Poveri" sono animali detestabili! Sono pittoreschi o divertenti solo per i sentimentali o i romantici! E i "Ricchi" sono noiosi senza eccezioni, en tant que riches!
Signore e Signori – Lunga vita al grande vortice! Il nostro vortice non ha paura del Passato: ne ha dimenticata l’esistenza. Il Futuro è lontano, come il Passato, e perciò sentimentale.
Il nuovo vortice si immerge nel cuore del Presente. Ma vogliamo il Passato e il Futuro con noi – il Passato per asciugare la nostra malinconia, il Futuro per assorbire il nostro agitato ottimismo. Con il nostro vortice il Presente è l’unica cosa attiva. Il Passato e il Futuro sono le prostitute fornite dalla Natura.
Arte significa fughe periodiche da questo bordello. La vita è il Passato e il Futuro. Ma il Presente è arte.
Vogliamo lasciar perdere la Natura e l’Uomo. Abbiamo bisogno dell’inconsapevolezza dell’umanità – della sua stupidità, della sua natura animale dei suoi sogni. L’istinto artistico è sempre primitivo.
Noi vogliamo solo che il mondo viva, e vogliamo sentire la sua rude energia ?uire in noi.
Signore e signori... BLAST.
BLAST vuole essere una strada per tutti quelli che hanno idee vivide e violente che non potrebbero arrivare al pubblico in altro modo.
BLAST sarà fondamentalmente popolare. Non si rivolgerà a una classe in particolare, ma agli istinti fondamentali e popolari in ogni classe e presso ogni categoria di persone: quelli dell’individuo. Nel momento stesso in cui un uomo si sente artista o capisce di esserlo smette di appartenere a un qualsiasi milieu o tempo.
BLAST è stata creata per l’artista eterno, fondamentale, che esiste in tutti.
BLAST presenta un’arte di individui. Noi vogliamo quelle persone semplici e grandi che si trovano ovunque.
Esiste una sola verità, noi, e tutto è permesso. Siamo fieri, belli e predatori. Diamo la caccia alle macchine, sono il nostro gioco preferito.
Le inventiamo e poi le distruggiamo.
Mille grazie.
(Wyndham Lewis, Manifesto, 1914)
 
 

 
STRIDENTISMO / CREAZIONISMO
Ragazza punk tatuata
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Chopin alla sedia elettrica!
I gas di scarico blu delle automobili, profumati di moderno dinamismo, hanno esattamente lo stesso valore emozionale degli adorati talenti dei nostri "squisiti" modernisti.
L’uomo non è un meccanismo a orologeria sistematicamente bilanciato. Le idee spesso deragliano. Non sono sempre consequenziali, una dopo l’altra, ma simultanee e intermittenti. La logica è un errore
e il diritto alla completezza uno scherzo di cattivo gusto. Tutto il mondo viene diretto come una banda di dilettanti.
E chi ha sollevato la questione della sincerità? Un momento solo, signore e signori, mentre spaliamo altro carbone. Chi tra noi è più sincero? Quelli che purifcano e cristallizzano il proprio io attraverso il filtro delle emozioni personali? O quegli "artisti" la cui unica preoccupazione è di ingraziarsi la folla amorfa e il misero uditorio? – Un uditorio di idioti retrogradi e di mercanti d’arte crumiri?
Non avete fatto i conti con la mia follia.
La verità non si trova mai fuori di noi. La vita è solo un sistema esposto alle piogge che cadono a intervalli. Le cose non hanno un valore intrinseco plausibile e i loro paralleli poetici si sviluppano solo in una dimensione interiore.
Non cerchiamo la verità nella realtà delle apparenze ma nella realtà del pensiero.
(Manuel Maples Arce, Pillola stridentista, 1921)
 
Dobbiamo creare. L’uomo ha smesso di imitare. Inventa, aggiunge qualcosa ai fatti del mondo, nati in seno alla Natura, nuovi fatti nati nella sua testa: una poesia, un quadro, una statua, un piroscafo,
un’automobile, un aeroplano... Dobbiamo creare. È questo il segno del nostro tempo.
(Vicente Huidobro, Epoca della creazione, 1921)
 
Imporre limiti estetici. Creare arte dalle nostre capacità. Non reincorporare vecchi valori ma crearne di nuovi.
(Manuel Maples Arce, Pillola stridentista, 1921)
 
Il passato ce lo lasciamo dietro come una carogna. Il futuro lo lasciamo agli indovini. Noi ci prendiamo il presente.
(Naum Gabo e Anton Pevsner, Manifesto realista, 1920)
 
Basta con la retrospezione! Basta col Futurismo! Ognuno, silenzioso, a bocca aperta, miracolosamente illuminato dalla vertiginosa luce del presente; unico ed elettronicamente sensibilizzato all’"IO" ascendente.
Sempre rinnovato ma sempre lo stesso. Rendiamo onore all’avanguardia. Amiamo il nostro secolo senza uguali. Il nostro egotismo ora è supremo, la nostra sicurezza inesorabile. Nel mio glorioso isolamento illuminato dalla meravigliosa incandescenza dei miei nervi carichi di elettricità.
(Manuel Maples Arce, Pillola stridentista, 1921)
 
 

 
SUPREMATISMO / COSTRUTTIVISMO
Scienziata
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Nel turbinio dei nostri giorni feriali,
Al di là delle ceneri e dei ruderi del passato,
Davanti ai cancelli di un futuro vacuo,
Io proclamo, di fronte a voi, artisti, pittori, scultori, musicisti, attori e poeti... persone per le quali l’Arte non è una mera fonte di conversazione ma la sorgente stessa di una reale esaltazione, la mia convinzione e le mie azioni.
(Naum Gabo e Anton Pevsner, Manifesto realista, 1920)
 
Mi sono ripescato dal vortice di rifuti dell’arte accademica e mi sono trasfigurato nello zero delle forme.
Gli oggetti sono svaniti come fumo; ho distrutto l’anello dell’orizzonte e sono uscito dal cerchio delle cose; dal maledetto anello dell’orizzonte che ha imprigionato l’artista e che allontana l’artista dall’obiettivo della distruzione.
Il selvaggio ha posto per primo il principio del naturalismo: disegnando un punto e cinque bastoncini, ha cercato di rendere le proprie sembianze. Con questo primo esperimento è stato posto nella coscienza il fondamento dell’imitazione delle forme della natura. Da qui è nato l’obiettivo di avvicinarsi il più possibile alla faccia della natura. Più ha preso coscienza della natura, più il suo lavoro è divenuto complesso e si sono affinate la sua esperienza e le sue capacità.
Ma la coscienza si sviluppava solo in una direzione, la direzione della creazione della natura e non di nuove forme dell’arte.
Le forme nascono e avanzano e noi facciamo sempre nuove scoperte e quel che noi abbiamo scoperto non potrà essere ricoperto. E non ha senso ricacciare il nostro tempo nelle vecchie forme del passato.
La vita dev’essere liberata dal fracasso del passato, dall’eclettismo parassitario, per essere riportata alla sua normale evoluzione.
L’arte non deve andare verso la sua riduzione o la sua semplifcazione ma verso la complessità. La Venere di Milo è un modello palese di decadenza. Non è una donna reale ma una parodia. Il David di
Michelangelo, quale mostruosità.
Tutti i maestri del Rinascimento hanno conseguito grandi risultati nell’anatomia. Ma non hanno ottenuto la veridicità dell’impressione corporea. Gli artisti erano funzionari che compilavano l’inventario
dei beni della natura, amatori di collezioni zoologiche, botaniche, archeologiche. Quel che è vivo si trasmutava in uno stato di immobilità, di morte.
(Kazimir Malevic, Manifesto del Suprematismo, 1916)
 
Il selvaggio che traccia allegramente i profli del toro o del cervo su una pietra, l’artista dell’antichità e del Rinascimento, gli impressionisti, i cubisti, e perfino i futuristi, sono tutti accomunati dalla stessa cosa: l’oggetto.
(Olga Rozanova, Cubismo, Futurismo, Suprematismo, 1917)
 
Guardate un raggio di sole... la più immobile tra le forze immobili. Ha una velocità di 300 km al secondo. Che cosa sono i nostri treni terrestri in confronto a quei veloci treni delle galassie?
(Naum Gabo e Anton Pevsner, Manifesto realista, 1920)
 
Viviamo in una creatività spirituale astratta. Gli oggetti sono morti ieri. Noi siamo i creatori della non-oggettività.
(Aleksandr Rodchenko, Manifesto del Suprematismo e della pittura non-oggettiva, 1919)
 
La forma intuitiva deve scaturire dal niente. Tali forme non saranno la ripetizione di oggetti viventi nella vita, ma esse stesse un oggetto vivente. La natura è un quadro vivente e la si può ammirare. Ma ripetendo o ricalcando le forme della natura abbiamo educato la nostra coscienza a una falsa concezione dell’arte. Ripetere la Natura è un furto e colui che ripete è come colui che ruba. Il pittore è votato a essere un creatore libero, non un libero predatore. Solo nella creazione assoluta acquisirà il proprio diritto. Creare vuol dire vivere, produrre eternamente cose sempre nuove. Deve verifcarsi un miracolo nella creazione artistica!
A tutti dico: gettate via l’amore, gettate via l’estetismo, gettate via le valigie della saggezza, poiché nella nuova cultura la vostra saggezza è ridicola e insignifcante. Soltanto artisti ottusi e impotenti dissimulano la loro arte con la sincerità.
In arte c’è bisogno di verità non di sincerità.
(Kazimir Malevic, Manifesto del Suprematismo, 1916)
 
 

 
DADAISMO
Oratrice a un funerale
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Noi qui gettiamo l’ancora in una terra grassa. Fantasmi ebbri di energia, sprofondiamo il tridente nella carne spensierata. Scroscio siamo di maledizioni sulla tropicale abbondanza delle vegetazioni
vertiginose; gomma e pioggia è il nostro sudore, sanguiniamo e bruciamo di sete, il nostro sangue è vigore.
Vi dico: non c’è nessun inizio e non stiamo tremando, non siamo sentimentali. Strappiamo, come un vento furioso, i panni sporchi delle nuvole e delle preghiere e prepariamo il grandioso spettacolo
di un cataclisma, l’incendio, la decomposizione. Prepariamo l’abolizione del lutto e sostituiamo le lacrime con sirene urlanti tra un continente e l’altro. Bandiere di gioia intensa vedove della tristezza del veleno. Leccare la penombra e galleggiare nell’immensa bocca piena di miele e di escrementi.
Distruggo i cassetti del cervello e quelli dell’organizzazione sociale: demoralizzare dovunque e spostare le mani dal cielo all’inferno, gli occhi dall’inferno al cielo.
(Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918)
 
Si muore da eroi o da idioti, che è proprio la stessa cosa. La sola parola che non sia effimera è la parola morte. Amate vivere, probabilmente. Ma avete cattive abitudini, amate troppo quello che vi
hanno insegnato ad amare. I cimiteri, la malinconia, l’amante tragico, le gondole veneziane. Ululate alla luna. Se non foste vigliacchi, e sopraffatti da quello che vi hanno costretto a considerare nobili pensieri e astrazioni inesistenti, tutte quelle fandonie costruite come dogmi, vi sollevereste e giochereste come noi al gioco del massacro.
Ma avete paura di non credere più. Non sapete che, anche senza dipendere da nulla, si può essere felici.
(Georges Ribemont-Dessaignes, I piaceri del Dada, 1920/1)
 
Vediamo tutto, non ci piace niente.
Siamo indifferenti.
Siamo morti ma non ci decomponiamo perché non abbiamo mai lo stesso cuore nel petto, né lo stesso cervello nella testa.
E risucchiamo tutto quello che è intorno a noi; non facciamo NIENTE.
(Paul Éluard, Cinque medie penurie Dada o due parole di spiegazione, 1920)
 
Io sono contro tutti i sistemi, l’unico sistema accettabile è quello di non seguirne.
Abolizione della logica: Dada.
Abolizione della memoria: Dada.
Abolizione dell’archeologia: Dada.
Abolizione del futuro: Dada.
(Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918)
 
Dada è sempre merda ma da ora in poi noi vogliamo cacare in colori diversi per decorare il giardino zoologico dell’arte con le bandiere di tutti i consolati. Dada non è follia né saggezza né ironia.
(Tristan Tzara, Manifesto di Monsieur Aa l’Anti-flosofo, 1920)
 
DADA NON SIGNIFICA NULLA.
(Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918)
 
E voi siete tutti idioti
(Tristan Tzara, Manifesto di Monsieur Aa l’Anti-flosofo, 1920)
 
E siete completamente idioti, nutriti con l’alcool del sonno distillato.
È il nulla, è come le vostre speranze: nulla. Come il vostro paradiso: nulla. Come i vostri idoli: nulla. Come i vostri politici: nulla. Come i vostri eroi: nulla. Come i vostri artisti: nulla. Come le vostre religioni: nulla.
(Francis Picabia, Dada manifesto cannibale, 1920)
 
Basta con i pittori, basta con i letterati, basta con i musicisti, basta con gli scultori, basta con le religioni, basta con i repubblicani, basta con i monarchici, basta con gli imperialisti, basta con gli anarchici, basta con i socialisti, basta con i bolscevichi, basta con i politici, basta con i proletari, basta con i democratici, basta con i borghesi, basta con gli aristocratici, basta con gli eserciti, basta con la polizia, basta con le patrie, basta con tutte queste idiozie, niente più, niente più, niente, NIENTE, NIENTE, NIENTE.
(Louis Aragon, Manifesto Dada, 1920)
 
Prima che cali tra voi a strapparvi i denti cariati, le orecchie purulente, la lingua rognosa. Prima di strapparvi il sesso schifoso incontinente e catarroso – Prima di spegnere così in voi ogni desiderio di orgasmi, di filosofia, di pepe e di cetrioli metafisici, matematici e poetici – Prima di tutto ciò – Ci tufferemo in un bel bagno antisettico – E vi avvertiamo – Siamo noi gli assassini – Di tutti i vostri piccoli neonati...
(Georges Ribemont-Dessaignes, Al pubblico, 1920/2)
 
Abbiamo bisogno di opere forti, diritte, precise e incomprese una volta per tutte. La logica è una complicazione. La logica è sempre falsa. Sposata alla logica, l’arte vivrebbe un incesto, inghiottendosi, ingoiandosi la coda, sempre del suo corpo si tratta, fornicando con se stessa.
(Tristan Tzara, Manifesto Dada, 1918)
 
Gli artisti migliori e più straordinari saranno quelli che ogni ora si strappano gli stracci dal corpo, dalle folli cataratte della vita; che, con mani e cuori sanguinanti, si aggrappano alla comprensione del loro tempo.
Restar seduti anche solo un istante sulla sedia, mette la vita a repentaglio.
(Richard Huelsenbeck, Primo manifesto Dada tedesco)
 
 

 
SURREALISMO / SPAZIALISMO
Burattinaia
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Cara immaginazione, ciò che in te amo soprattutto è che tu non perdoni.
La sola parola "libertà" è tutto ciò che ancora mi esalta. Tra le tante disgrazie di cui siamo eredi, bisogna almeno riconoscere che ci è lasciata la massima libertà dello spirito. La sola immaginazione mi dà conto di ciò che può essere, e questo basta perché io mi abbandoni a essa senza paura di essere tratto in inganno.
Viviamo ancora sotto il regno della logica. Il razionalismo assoluto che rimane di moda ci permette di considerare soltanto fatti strettamente connessi alla nostra esperienza.
Con il pretesto del progresso e della civilizzazione, si è arrivati a bandire dallo spirito ogni possibile ricerca della verità che non sia conforme all’uso.
Dalla nascita dell’uomo alla sua morte il pensiero non presenta alcuna soluzione di continuità. Recentemente si è finalmente portata alla luce una parte del nostro mondo mentale: il sogno. L’osservatore comune attribuisce molta più importanza agli eventi in stato di veglia che non a quelli che si verifcano nei sogni. Così si considera il sogno una parentesi, come la notte.
A quando i logici, i flosofi dormienti? Vorrei dormire per potermi abbandonare ai sognatori; per far cessare il ritmo cosciente del mio pensiero. Non può essere anche il sogno utilizzato per risolvere i
problemi fondamentali della vita? E nel sogno sono presenti questi problemi?
Lo spirito dell’uomo che sogna è pienamente soddisfatto di ciò che gli accade. Guardate i bambini... al mattino iniziano il giorno con gioia. Tutto è vicino, a portata di mano, le peggiori condizioni materiali sono eccellenti. I boschi sono bianchi o neri, nessuno dormirà più.
(André Breton, Manifesto del Surrealismo, 1924)
 
Scendere in strada, revolver in pugno, e sparare a caso, per quanto è possibile, nella folla.
(André Breton, Secondo Manifesto del Surrealismo, 1929)
 
Uccidi, vola più veloce, ama finché ti piacerà. Lasciati trascinare. E se muori, dubiti di svegliarti tra i morti?
Io credo nel futuro risolversi di questi due stati, in apparenza così contraddittori, sogno e realtà, in una specie di realtà assoluta, di surrealtà.
(André Breton, Manifesto del Surrealismo, 1924)
 
La ragione non crea. Nella creazione delle forme la sua funzione è subordinata a quella del subcosciente. Il subcosciente, magnifico ricettacolo dove si collocano tutte le immagini che l’intelligenza percepisce, ospita le nozioni che informano la natura. Il subcosciente modella l’individuo, lo integra e lo trasforma.
(Lucio Fontana, Manifesto bianco, 1946)
 
Io credo nella pura gioia dell’uomo che parte da dove vuole e per un cammino, che non è un cammino ragionevole, arriva dove può.
Addio selezioni assurde, sogni d’abisso, rivalità, lunghe pazienze, fuga delle stagioni, ordine artificiale delle idee, rampa del pericolo, tempo per tutto! Che ci si dia soltanto la pena di praticare la poesia.
Quest’estate le rose sono azzurre; il bosco è vetro. La terra drappeggiata nelle sue fronde mi fa tanto poco effetto come un fantasma.
Vivere e cessare di vivere, sono soluzioni immaginarie.
L’esistenza è altrove.
(André Breton, Manifesto del Surrealismo, 1924)
 
 

 
POP ART
Madre tradizionalista con la famiglia
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Sono per un’arte politica-erotica-mistica, che fa qualcosa di diverso dall’appoggiare il culo in un museo.
Sono per un’arte che cresce totalmente inconsapevole di essere arte.
Sono per un’arte che s’ingarbuglia con le schifezze di tutti i giorni e riesce comunque a emergere.
Sono per un’arte che imita l’umano, che è comica, se necessario, o violenta, o qualsiasi cosa sia necessario.
Sono per tutta l’arte che prende la sua forma dalla vita, che si contorce e si estende e accumula e sputa e sgocciola, ed è pesante e volgare e brusca e dolce e stupida come la vita stessa.
Sono per l’arte che viene fuori da un camino come una chioma nera e si disperde nel cielo.
Sono per l’arte che si rovescia fuori dal portafogli di un vecchio sbalzato da un parafango in corsa.
Sono per l’arte che esce dalla bocca di un cagnolino che precipita dall’alto per cinque piani. Sono per l’arte che un bambino lecca dopo aver scartato l’involucro.
Sono per l’arte che si fuma come una sigaretta, puzza come un paio di scarpe.
Sono per l’arte che ti metti e ti togli, come i pantaloni; che si buca come i calzini; che si mangia come una fetta di torta, o si abbandona con grande disprezzo come un pezzo di merda.
Sono per l’arte che zoppica, e rotola e corre e salta.
Sono per l’arte che si avvita e ruggisce come un lottatore.
Sono per l’arte da tasca, dai profondi canali dell’orecchio, dalla lama di un coltello, dagli angoli della bocca, piantata nell’occhio o portata al polso.
Sono per l’arte sotto le gonne, e per l’arte di infilzare scarafaggi.
Sono per l’arte che scende giù dal cielo di notte, come il fulmine, che si nasconde nelle nuvole, e romba.
Sono per l’arte che si srotola come una mappa, che si può baciare come un amato cagnolino. Che si espande e scricchiola come una fisarmonica, su cui puoi rovesciare la tua cena come su una vecchia tovaglia.
Sono per l’arte che trasuda tra le gambe incrociate.
Sono per l’arte di uccelli morti.
Sono per l’arte delle chiacchiere da bar, degli stuzzicadenti, delle birre, del salare le uova, dell’insultare.
Sono per l’arte di cadere dagli sgabelli al bancone. Sono per l’arte della biancheria intima e dei taxi.
Sono per l’arte dei coni gelati caduti sull’asfalto.
Sono per l’arte maestosa delle merde di cane che s’innalzano come cattedrali.
Sono per l’arte che cade, che schizza, che si agita, salta, che va e viene.
Sono per l’arte dei miagolii e del rimestio dei gatti e per l’arte dei loro occhi muti, elettrici.
Sono per l’arte bianca dei frigoriferi e del loro aprirsi e chiudersi con forza.
Sono per l’arte dei cuori, i cuori delle corone dei morti, i cuori da innamorati, pieni di torroncino.
Sono per l’arte del dito sulla fnestra gelata, sull’acciaio impolverato, o sulla schiuma ai bordi della vasca.
Sono per l’arte degli orsacchiotti e dei fucili, degli ombrelli squarciati, degli alberi in famme, dei resti dei mortaretti, delle ossa di pollo e delle scatole con dentro uomini addormentati.
Sono per l’arte dei fiori leggermente marciti dei funerali, per l’arte dei conigli insanguinati e appesi, delle batterie e dei tamburelli, e dei fonografi di plastica.
Sono per l’arte a Prezzo Giusto, per l’arte Spendi di Meno, per l’arte Mangia Meglio, l’arte del prosciutto e quella del maiale, arte del pollo, arte del pomodoro, arte della banana, arte della mela, arte del tacchino, arte della torta, arte del biscotto.
Sono per un’arte che è pettinata, che è appesa alle orecchie, che è applicata sulle labbra e sotto gli occhi, che è rasata via dalle gambe, che è spazzolata sui denti, che è fissata sui fanchi, che è calzata sul piede.
Quadrato che diventa molle.
(Claes Oldenburg, Sono per un’arte... 1961)
 
 

 
FLUXUS / MERZ / HAPPENING
Coreografa
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
No allo spettacolo.
No al virtuosismo.
No alle trasformazioni, alla magia, alla finzione.
No al fascino e alla trascendenza dell’immagine della star.
No all’eroico.
No all’antieroico.
No alle immagini di ciarpame.
No al coinvolgimento del performer o dello spettatore.
No allo stile.
No al camp.
No alla seduzione dello spettatore tramite le astuzie del performer.
No all’eccentricità.
No al muoversi e al lasciarsi muovere.
(Yvonne Rainer, No manifesto, 1965)
 
La vita è un’opera d’arte e l’opera d’arte è vita.
Più sappiamo, meno capiamo, e meglio è.
Io accolgo tutto quello che verrà.
Fluxus è un modo di fare le cose, e un modo di vivere e di morire.
Fluxus è dentro di te, è parte di come sei. Fluxus è più grande di te.
Fluxus ha fatto un’arte del nulla e viceversa. Fluxus non ha assolutamente senso. Fluxus non è nemmeno ancora accaduto. Fluxus è un calcio nel culo dell’arte.
(Emmett Williams, Philip Corner, John Cage, Dick Higgins, Allen Bukoff, Larry Miller, Eric Andersen, Tomas Schmit, Ben Vautier, 1963–1978)
 
Purgare il mondo dalla cultura intellettuale, professionale e commercializzata!
Purgare il mondo dall’arte morta, dall’imitazione, dall’arte artifciale, dall’arte astratta, dall’arte illusionistica, dall’arte matematica.
Promuovere l’Arte della Non Realtà che tutti possano capire, non solo i critici, i dilettanti e i professionisti.
Promuovere un’inondazione e un’ondata rivoluzionaria in Arte.
Promuovere l’arte viva, l’anti-arte.
(George Maciunas, Manifesto di Fluxus, 1963)
 
Ma dopo la rivoluzione chi raccoglierà la spazzatura il lunedì mattina?
Manutenzione è uno strazio; ti porta via tutto il maledetto tempo.
Pulisci la tua scrivania, lava i piatti, pulisci per terra, lava i tuoi panni, lavati i piedi, cambia i pannolini al pargolo, finisci la relazione, correggi i refusi, aggiusta lo steccato, accontenta il cliente, butta la spazzatura che puzza, attenta a non inflarti roba nel naso, che mi metto, non ho calzini, paga le bollette, conserva gli spaghi, lavati i capelli, cambia le lenzuola, fai la spesa, ripetilo, vai al lavoro, sparecchia, chiamalo di nuovo, tira la catena, mantieniti giovane...
Adesso, mi limiterò a fare queste semplici azioni di manutenzione quotidiana, e a convogliarle nella coscienza, come Arte.
Tutto quello che dico è Arte è Arte.
Tutto quello che faccio è Arte è Arte.
(Mierle Laderman Ukeles, Manifesto della Maintenance Art, 1969)
 
Pretendo il principio di uguali diritti per tutti i materiali, uguali diritti per persone abili, idioti, reti metalliche fischianti, pompe pensanti.
Prendi superfici giganti, coprile di colore e muovile minacciosamente. Piega le parti trapananti dei vuoti per sempre insieme. Incolla le superfici lisce una sull’altra. Fai lottare le linee e falle accarezzare tra loro teneramente, generosamente. Linee fammeggianti, linee striscianti, linee afforanti. Fai esplodere i punti tra loro come stelle e danzare un ballo rotante. Piega le linee, spezza e rompi gli angoli, soffoca ruotando attorno a un punto. Rotola i globi che turbinando l’aria si toccano l’un l’altro. Schiaccia cappelli a cilindro, strangola casse, scatole. Fai reti di lingue di fuoco e induriscile in superfici.
Intreccia le reti. Fai muovere i veli, gocciolare il cotone e sgorgare l’acqua. Lancia in alto aria soffice e bianca attraverso migliaia di candele di lampade ad arco. Poi prendi ruote e assi e falli cantare.
Trova una macchina da cucire che sbadiglia. Prendi il trapano di un dentista, un tritacarne, un raschietto per tramvai. Prendi autobus e macchine da diporto, biciclette, tandem e le loro gomme. Prendi
luci e deformale con violenza. Fai scontrare tra loro le locomotive, fai ballare fili di ragnatele con gli infissi delle finestre e rompi i vetri che frignano. Fai esplodere le caldaie a vapore per produrre nebbia sulla ferrovia. Prendi sottovesti, scarpe e parrucche, anche pattini da ghiaccio, e buttali al posto loro, e sempre al momento giusto.
Per quanto me ne importa, prendi trappole-uomo, pistole automatiche, macchine infernali tutte ovviamente in una condizione artisticamente deformata. I tubi ?essibili sono caldamente raccomandati.
Io pretendo l’inclusione totale di tutti i materiali, dai saldatori a doppio binario ai violini tre quarti. Si possono usare anche le persone.
Io pretendo la completa mobilitazione di tutte le forze artistiche per creare l’opera d’arte totale.
Potenti erezioni di giganti acquatici.
(Kurt Schwitters, Il teatro di Merz, 1919)
 
 

 
ARTE CONCETTUALE / MINIMALISMO
Telecronista e reporter
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Le idee possono essere opere d’arte.
(Sol LeWitt, Proposizioni sull’arte concettuale, 1969)
 
Nell’arte concettuale l’idea, o concetto, costituisce l’aspetto più importante del lavoro. Quando l’artista utilizza una forma di arte concettuale vuol dire che tutto il progetto e tutte le decisioni vengono prese anticipatamente e che l’esecuzione si riduce a un fatto meccanico. L’idea diventa una macchina che realizza l’arte. Questo tipo di arte non è teoretica né illustra teorie; è invece intuitiva e senza scopo.
Qualunque sia la forma finale, deve cominciare con un’idea. L’aspetto dell’opera d’arte non è troppo importante. È con il processo di ideazione e di realizzazione che ha a che fare l’artista. L’opera,
una volta che l’artista le abbia conferito realtà fisica, è aperta alla percezione di tutti, anche dell’artista.
(Sol LeWitt, Paragrafi sull’arte concettuale, 1967)
 
Buona sera, signore e signori.
Tutta l’arte di oggi è un falso, non perché copia, appropriazione, simulacro o imitazione ma perché manca del fondamentale impulso di energia, coraggio e passione. Tutto dell’uomo è un falso. Tutto
dell’uomo è falso. Non solo perché inganna e imbroglia con affascinante disinvoltura e odia e uccide con fulminea determinazione, ma anche perché la nuova forma cibernetica è Uomo come Dio.
La velocità domina tempo e spazio. La velocità è potere. La velocità permette la disinformazione, disorienta il tempo e lo spazio, è un tiranno feroce e intransigente. La nostra ossessione della supervelocità non ci dà tempo né spazio per tornare indietro. Adesso è già troppo tardi e oggi è ieri di cui abbiamo perso memoria.
Cate, come andare avanti se l’azione è guardare l’azione? Quando gli occhi sono impietriti nello sguardo fisso. Quando la conoscenza diventa informazione. Quando le parole sono pietre d’inciampo e hanno perso la loro rappresentazione. Quando il discorso è opinione.
Quando non hai bisogno di sapere nulla, e credi di sapere tutto.
Quando ri?ettere è guardare nello specchio. Quando contemplare è pensare a sé. Cate?
Ebbene, Cate, forse tutto questo potrebbe essere affrontato se l’uomo non avesse davanti un buco nero; la consapevolezza che la sua funzione assoluta, il suo senso primario dell’esistenza gli è stato
portato via.
L’uomo un tempo era originale, deteneva e racchiudeva una certa autenticità. Ma ora tutto questo è morto, fnito. L’uomo è monouso e inessenziale. Cate?
E l’arte? Sarà capace di resistere a questi colpi brutali? Cate?
(Elaine Sturtevant, Strutture mentali mutevoli, 1999)
 
No di certo, Cate, perché l’arte è quello che ti circonda.
(Elaine Sturtevant, L’uomo è un sosia, l’uomo è una copia, l’uomo è un clone, 2004)
 
L’arte non arriva da "nessun luogo" e peraltro nemmeno da qualche luogo. La creatività non salta su da sola nella testa. Ci sono terreni, forze, poteri che creano e rendono l’arte un pericoloso viaggio di salti, crepacci, errori, audacia e coraggio. Cate?
(Elaine Sturtevant, Strutture mentali mutevoli, 1999)
 
Capisco. E l’Arte Concettuale? Obiettivo dell’artista concettuale è quello di rendere il suo lavoro mentalmente interessante per lo spettatore e dunque emotivamente asciutto. Cate, non c’è motivo
di supporre, comunque, che l’artista concettuale voglia annoiare lo spettatore?
Ebbene, Cate, non è solo l’attesa di una forte emozione che può impedire allo spettatore di percepire questa arte. E poi l’arte concettuale non è necessariamente logica. La logica può essere utilizzata
per camuffare il vero intento dell’artista, per cullare lo spettatore nella convinzione di capire il lavoro oppure per suggerire una situazione paradossale – ad esempio logico contro illogico. Cate?
Capisco, dunque alcune idee sono logiche nella concezione e illogiche percettivamente. A quanto ho capito non c’è bisogno che le idee siano complesse. Al contrario: la maggior parte delle idee riuscite è ridicolmente semplice. Ma tu dici che in verità non importa se lo spettatore capisce il concetto dell’artista. Cate?
Cate, una volta uscito dalle sue mani, l’artista non può controllare il modo in cui l’osservatore percepirà il lavoro. Persone diverse capiranno la stessa cosa in modo diverso. Per esempio, i critici d’arte si servono di una lingua segreta quando comunicano tra loro attraverso il mezzo delle riviste d’arte: "strutture primarie", "riduttiva", "repulsiva", "fredda", o "mini-arte".
"Mini-arte" sembra interessante. Forse si applica a lavori artistici di dimensioni molto piccole. Oppure forse il mini-artista è una persona molto piccola di statura...
Grazie mille, Cate.
Prego. Grazie.
Allora l’arte concettuale è uno dei modi possibili di fare arte; altri modi si adattano ad altri artisti. L’arte concettuale è buona solo quando l’idea è buona.
(Sol LeWitt, Paragrafi sull’arte concettuale, 1967)
 
Idea, forma, contesto.
Idea: L’esistenza di un’idea è necessaria e suffciente per l’esistenza dell’arte.
Forma: L’esistenza della forma è necessaria ma non suffciente per realizzare l’idea.
Contesto: L’esistenza del contesto è necessaria ma non suffciente per la forma in cui un’idea sarà realizzata.
(Adrian Piper, Idea, forma, contesto, 1969)
 
 

 
CINEMA
Insegnante
 

Julian Rosefeldt, Manifesto, 2015 © Julian Rosefeldt and VG Bild-Kunst, Bonn 2018
 
Si immagini un occhio non governato da leggi prospettiche artificiali, un occhio non pregiudicato da logiche compositive, un occhio che debba conoscere ogni oggetto incontrato nella vita attraverso
un’avventura percettiva. Quanti colori ci sono in un prato per il bambino che gattona inconsapevole del "verde"? Quanti arcobaleni può creare la luce per l’occhio non istruito? Quanto riesce questo
occhio a percepire le variazioni di un’ondata di calore?
Si immagini un mondo animato da oggetti incomprensibili che scintilla di infinite varietà di movimento e di innumerevoli gradazioni cromatiche.
S’immagini un mondo prima del "principio e della parola".
Si permetta alla cosiddetta allucinazione di entrare nel regno della percezione, di accettare le visioni oniriche, i sogni a occhi aperti e quelli notturni. L’occhio della mente non si deve necessariamente spegnere dopo l’infanzia.
(Stan Brakhage, Metafore della visione, 1963)
 
Niente è originale.
Ruba da qualsiasi cosa che risponde all’ispirazione o alimenta la tua immaginazione. Divora i vecchi film, i nuovi film, la musica, i libri, i quadri, le fotografie, le poesie, i sogni, le conversazioni casuali, l’architettura, i ponti, i segnali stradali, gli alberi, le nuvole, i bacini d’acqua, luci, ombre.
Scegli da rubare solo le cose che parlano direttamente alla tua anima.
Se fai questo, il tuo lavoro e il tuo furto saranno autentici.
L’autenticità è preziosa, l’originalità inesistente.
E non ti preoccupare di nascondere il tuo furto – esaltalo se ne hai voglia.
E comunque ricorda sempre quello che ha detto Jean-Luc Godard: "Non importa da dove prendi quello che prendi – ma dove lo porti."
(Jim Jarmusch, Le regole d’oro per fare cinema, 2002)
 
Le riprese vanno effettuate nei luoghi reali. Non vanno usate scenografe e oggetti di scena.
Non va utilizzata musica a meno che non ci sia mentre viene girata la scena.
La macchina da presa va usata a mano.
Il flm deve essere a colori. E gli effetti di luce non sono ammissibili.
I filtri ottici sono vietati.
Il film non deve contenere azioni superficiali.
Temporali e alterazioni geografiche sono vietati.
I film di genere non sono ammissibili.
Il regista non deve comparire nei crediti.
Giuro di non farmi condizionare dal gusto personale. Non sono più un artista. Giuro di astenermi dal creare "un’opera" perché considero l’istante più importante del tutto.
Il mio obiettivo supremo è spremere la verità dai miei personaggi e dalle mie ambientazioni. Giuro di farlo con ogni mezzo possibile e a dispetto di ogni buon gusto e di ogni considerazione estetica.
(Lars von Trier e Thomas Vinterberg, Dogma 95, 1995)
 
Il fatto crea le norme, e la verità illuminazione.
Ci sono strati di verità più profonda nel cinema, ed esiste una verità poetica, estatica. È misteriosa e sfuggente e può essere raggiunta solo con l’invenzione, l’immaginazione e la stilizzazione.
(Werner Herzog, La dichiarazione del Minnesota, 1999)
 
 
EPILOGO
Finale del collage di manifesti sul cinema
 
Io sono in guerra con il mio tempo, con la storia, con ogni autorità contenuta in forme fisse e spaventate.
Io sono una dei milioni di persone che non si adattano, che non hanno una casa, una famiglia, una dottrina, né un luogo sicuro da chiamare proprio, né inizio o fine conosciuti.
Io dichiaro guerra a tutte le icone e le finalità, a tutte le storie che mi incatenano alla mia falsità, alle mie pietose paure.
Conosco solo istanti, ed eternità che sono come istanti e forme che appaiono con forza infinita, e poi "si sciolgono nell’aria".
Sono un costruttore di mondi, un edonista che adora la carne, la melodia, una sagoma sullo sfondo del cielo che si oscura.
Non ho modo di sapere il tuo nome. Né tu il mio.
Domani inizieremo insieme la costruzione di una città.
(Lebbeus Woods, Manifesto, 1993)