Riproporre oggi questa mostra permette di ragionare su alcuni snodi della cultura recente, sullo sbiadire, in particolare, di alcune rigide "compartimentazioni" che segnarono gli anni Settanta e sul fenomeno definito, in maniera inadeguata, del "ritorno alla pittura".
Rispetto all'attualità, il felice e all'epoca inusuale accostamento può essere interpretato come una delle espressioni sorgive della liberatoria, quanto complessa, fluidità che segna il tempo presente.
Le tre opere di Mario Merz esposte nel 1978 alla Galleria dell'Oca sono in mostra al Palazzo delle Esposizioni e a queste ne è stata aggiunta una che venne presentata contemporaneamente nella sede romana della galleria di Gian Enzo Sperone. Nel loro insieme questi lavori, rilevanti al punto da essere conservati ora nei musei o presso importanti collezioni internazionali, rappresentano una sintesi altamente significativa dei tratti essenziali del lavoro dell'artista e dei materiali e dei temi che con maggiore frequenza appaiono nella sua opera: i neon, i numeri di Fibonacci, l'igloo, la cera, l'animale tassidermizzato, le fascine e le immagini dipinte su tele non intelaiate.
Nella mostra dell'Oca, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Giorgio Morandi, Alberto Savinio e Gino Severini furono tutti rappresentati con opere realizzate nell’arco dei loro anni più felicemente prolifici, alcune provenienti da leggendarie collezioni – come quella di Léonce Rosenberg dalla cui collezione proviene Chevaux se cabrant di de Chirico – o appartenute a importanti storici dell'arte come Vele nel porto di Carrà tutt'oggi nella Fondazione Roberto Longhi di Firenze. Al Palazzo delle Esposizioni sono esposte molte di quelle stesse opere, mentre per i dipinti di cui non è stato possibile rintracciare l’attuale collocazione si è scelto di sostituirli con altri affini per qualità e datazione.
Come nella prima edizione di Mostre in mostra, i criteri adottati per la ricostruzione della mostra comportano al tempo stesso un approccio filologico e un certo grado di approssimazione. Il primo sta a fondamento dell'iniziativa e permette di ricostruire le circostanze e l'entità della mostra originaria. L'approssimazione, invece, è quella nella quale il progetto si distende affinché la mostra attuale abbia una sua completezza e sia godibile. Nelle parole della curatrice Daniela Lancioni: "si tratta, pur sempre, di un segmento di ricerca da consegnare ad altri studiosi con la speranza che lo possano completare e arricchire".
I principali documenti, provenienti dall'archivio di Luisa Laureati Briganti, su cui si è basata la ricostruzione della mostra sono direttamente consultabili.