La Biennale Teatro di Venezia

una Biennale a porte chiuse per levarsi dalla Storia
1989 / 1990

 
“Se volete pagare un milione a testa avrete una cassettina, in prestito, per una notte...”.
Carmelo Bene in occasione dell’incontro pubblico con gli studenti dell’Università Cà Foscari di Venezia nel 1989, che ha per argomento l’illustrazione del progetto editoriale legato al laboratorio teorico dell’anno in corso dedicato alla Ricerca Impossibile, risponde così all’incalzare di chi non comprende il senso rivoluzionario conferito alla direzione artistica che caratterizza il suo incarico quadriennale da cui pubblico e critica sono perentoriamente estromessi.
Si tratta di una Biennale di ricerca, di un momento di riflessione, non di spettacolo. Sono presenti all’incontro Maurizio Grande ed Edoardo Fadini, gli studiosi che assieme a Jean–Paul Manganaro, Umberto Artioli, Giancarlo Dotto, Camille Dumoulié e André Scala sono incaricati di svolgere il lavoro teorico–laboratoriale all’interno del padiglione Italia dei giardini della Biennale. Grande, al quale Bene spiega l’uso del microfono di cui si deve avvalere per farsi sentire in quella sede ("Maurizio, sono i Beyer... quei microfoni un po’ duri, parla vicino e un po’ di sbieco"), chiarisce il senso del laboratorio teorico incentrato sulla Voce come enigma dello stare al mondo all’interno della Macchina Attoriale Carmelo Bene.
Un lavoro, precisa Bene, che medita sul modo in cui l’attore possa oltrepassarsi uscendo dalla cornice della storia del teatro e del teatro di rappresentazione, nello sforzo di togliere il senso del Logos dalla scena. Si tratta, di fatto, di scavalcare una volta per tutte l’idea di teatro aristotelico — senza rischiare un teatro che si nutra della sconfitta delle altre arti, come il Teatro Totale o Multimediale — poiché, afferma Bene, il teatro “è quanto non si dà ed è fuori dal tempo.”
Sul piano performativo l’unica testimonianza rimasta di quell’esperienza, che avrebbe voluto nel secondo biennio Pierre Klossowski autore di un teatro mistico dedicato alla sua opera letteraria Bafometto, si ritrova contenuta nella cassettina da un milione rimasta sconosciuta al grande pubblico, fino a oggi. Selezionati musicisti restituiscono in canti e percussioni, rumori, suoni, il tema di ricerca del primo biennio, Tamerlano il Grande di Christopher Marlowe. Sono documenti che attestano quanto prodotto all’interno di una ricerca sul “linguaggio inteso come sottrazione di senso”, un raffinatissimo bestiario ludico a dimostrazione di come la scena teatrale possa essere restituita al gioco, serissimo, dell’infanzia.