Gianni Borgna. Come un romanzo

26 febbraio 2014
Jordi Balló

A febbraio di quest’anno è venuto a mancare Gianni Borgna, curatore,  insieme a Jordi Balló e Alain Bergala, dell’esposizione Pasolini Roma.

Jordi Balló ha scritto queste parole per ricordare il suo compagno di progetto.

Quando abbiamo avuto l’idea con Josep Ramoneda di realizzare un’esposizione (a Barcellona) che collegasse Pasolini con la città di Roma, ci siamo messi in contatto immediatamente con Gianni Borgna. Sapevamo che era stato amico e collaboratore del cineasta ed eravamo a conoscenza anche della grande attività che aveva mantenuto come assessore municipale, e regionale, nei primi municipi di sinistra della città italiana. Il suo entusiasmo per il progetto ci ha assicurato e garantito che avremmo fatto qualcosa di diverso e di originale rispetto ad altre mostre realizzate in passato su Pasolini, in alcune delle quali lo stesso Gianni era stato coinvolto. Dal primo momento Gianni  ha pensato di concepire l’esposizione “come un romanzo”, che doveva cominciare con l’arrivo a Roma, in treno, di Pasolini e di sua mamma, nel gennaio del 1950, fuggendo dall’intolleranza politica e sessuale che aveva sofferto a Casarsa.
Mano mano che il progetto andava avanti e si faceva più internazionale, Gianni viveva con una speciale illusione il sapere che l’esposizione sarebbe stata presentata anche a Parigi, a Roma e a Berlino. Ha vissuto anche con grande complicità l’integrazione di un altro curatore, Alain Bergala, una decisione che ha convertito il processo creativo in un costante scambio di punti di vista, che Gianni ha sempre coltivato con una squisita finezza. Nel suo prologo alla versione francese del catalogo dell’esposizione, il direttore della Cinemathèque Française, Serge Toubiana, ricorda in dettaglio la forma in cui Gianni Borgna ci ha condotti fisicamente attraverso la ricostruzione geografica della Roma pasoliniana, specialmente attraverso l’ultima notte della vita del poeta, da Piazza della Repubblica fino alla spiaggia di Ostia dove fu assassinato. Ricorda inoltre il modo emotivo, coinvolgente e con profonda conoscenza di causa, con cui Gianni ci spiegava le implicazioni politiche di quella morte brutale. Come ricorda Serge in quel testo, non dimenticheremo mai, tutti quelli che abbiamo avuto la fortuna di essere stati presenti, quelle sessioni di ricostruzione a Roma, dove abbiamo capito il profondo collegamento dell’artista con i centri nevralgici della sua cultura,  con le borgate, con i diversi quartieri dove aveva ripreso e vissuto, fino i luoghi di ritrovo con gli altri intellettuali romani.
Presto abbiamo anche capito quello che significava Gianni Borgna per la cultura romana, e come persone molto diverse gli volessero bene e lo ringraziassero per il risveglio culturale che aveva incoraggiato nel tempo delle sue responsabilità politiche insieme a Rutelli, Veltroni o il proprio Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, politici che in questi giorni hanno dato le loro condoglianze ed hanno manifestato la profonda perdita che significa la sua morte. Dalle interviste che Gianni ha fatto a Dacia Maraini, Ennio Morricone e Ninetto Davoli, contenute nel catalogo di Pasolini Roma, si può evincere perfettamente la portata della sua cultura umanistica e nel contempo la calorosa confidenza in tutta la gente che ha partecipato alle complicità tracciate nei tempi della resistenza culturale romana.
A tutti noi che abbiamo lavorato con lui dispiace soprattutto che la sua morte sia avvenuta due mesi prima dell’inaugurazione di Pasolini Roma al Palazzo delle Esposizioni di Roma, perché questo era una piacere che Gianni conservava con speciale illusione. Aveva supervisionato l’adattamento dell’esposizione in quello spazio con grande entusiasmo, avvisando dell’importanza del prologo, del fatto che la gente capisse la forma scura però piena di speranza con cui Pasolini arrivò a Roma, città che il poeta avrebbe trasformato nella sua propria narratività. Gianni ci aveva fatto capire proprio questo, che Pasolini aveva portato gli intellettuali romani a scoprire una città diversa, che era lì, con tutta la sua capacità di trasformare.
Il 15 aprile, giorno dell’inaugurazione, Gianni non ci sarà, e se abbiamo imparato qualcosa da un percorso come questo è che alcune morti lasciano segni profondi e che quell’impronta lasciata nel processo culturale è impossibile da cancellare. Gianni Borgna ci ha reso partecipi, da Barcellona, di un progetto europeo, di un’Italia che abbiamo sentito più vicina che mai. Sono vite come queste che ti portano a capire cosa significhi il patrimonio comune: quello del pensiero, dell’intelligenza e dell’amicizia.