Rassegne video

La sala cinema del Palazzo delle Esposizioni ospita rassegne di film e di video realizzati dagli anni '60 a oggi. Alcune di queste radunano opere video di autori e autrici, selezionate in base a criteri tematici e cronologici, altre, su modello monografico, sono dedicate a esplorare la produzione video-filmica degli artisti e artiste in mostra, o di autori e autrici rappresentativi del passaggio dal cinema sperimentale al video.
 
Le opere audiovisive, descritte nei loro supporti originali, per motivi di conservazione sono proiettate in versione digitale. Laddove non espressamente indicato, i diritti e la provenienza delle copie si intendono quelli degli autori o delle autrici.
 

Le biografie degli artisti in rassegna

Il video rende felici

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a cura di Flavia Dalila D'Amico
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a cura di Valentina Valentini con la collaborazione di: Milo Adami, Rossella Catanese, Bruno Di Marino, Francesco Spampinato
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a cura di Paola Lagonigro
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Il video rende felici. Videoarte in Italia
 
Adriano Abbado
(Milano, 1958) nel 1977 consegue il diploma di Composizione Musicale Elettronica al Conservatorio di Milano e dal 1981 inizia a lavorare con immagini e suoni digitali. Nel 1986 vince una borsa di studio Fulbright per studiare al MIT Media Lab, dove nel 1988 consegue un M.S. con una tesi dal titolo Corrispondenze percettive di animazione astratta e suono sintetico. Dal 1983 al 1986 ha insegnato Computer grafica all’Istituto Europeo di Design di Milano, mentre nel 2007 ha insegnato Audiovisual Art alla University of California Santa Barbara. Abbado è coautore del libro Immagini con il computer (Mondadori, 1985). Nel 2017 ha pubblicato con Skira il libro I maestri della Visual Music (in inglese, Visual Music Masters, 2018). Nel corso degli anni ha realizzato animazioni e ambienti interattivi presentati in numerose sedi italiane e internazionali. I suoi interessi spaziano dalla musica tradizionale asiatica all’astrofotografia e al trading online.
 
Altair4 Multimedia è una società, discendente dall’omonimo gruppo artistico fondato nel 1986 da Pietro Galifi, Stefano Moretti e Alessandro Furlan, specializzata nell’ideazione e realizzazione di prodotti multimediali inerenti alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, spesso in collaborazione con atenei, italiani e stranieri, e sovrintendenze. Altair4 è stata la prima società a occuparsi sistematicamente di ricostruzione e restauro virtuale in Italia. Lo studio crea inoltre applicazioni per musei, collezioni e mostre, produzioni televisive, sia indipendenti che su commissione, e rilievi fotogrammetrici che, insieme alla creazione di applicazioni per dispositivi mobili e all’attività editoriale, completano la rosa delle attività svolte.
 
Alterazioni Video. Alberto Caffarelli, Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri. Con la partecipazione alla mostra Empowerment. Cantiere Italia, radiografia dell’Italia che cambia attraverso 60 artisti, tenutasi a Genova nello stesso anno, il gruppo avvia una prolifica attività che annovera presenze a fiere e biennali, oltre che a una settantina di mostre, tra collettive e personali. Partendo dalle realtà locali, senza copione, con procedere rapido e un budget minimo, gli artisti realizzano produzioni cinematografiche basate sull’improvvisazione e sul paradosso, come i “turbo film”. Di notevoli mole e durata è il progetto Incompiuto, avviato nel 2006, che cataloga le opere architettoniche non portate a termine in Italia.
 
Yuri Ancarani nasce a Ravenna nel 1972. Studia all’Accademia di Belle Arti di Brera con Paolo Rosa, uno dei fondatori di Studio Azzurro. Il suo esordio avviene nel 2002 con il video La questione romagnola, facente parte di una serie dal titolo Ricordi per moderni, composta da tredici video che l’autore registra tra il 2000 e il 2009. Le sue opere sono presentate in importanti contesti internazionali: il video Bora (2010) è presente nel 2017 all’Art Basel di Hong Kong, in Cina; la serie The Malady of Iron, composta di tre video realizzati fra il 2010 e il 2012, è presentata al Centre Pompidou di Parigi nel 2013 e successivamente a Los Angeles (2014) e in vari festival internazionali come il Taipei Film Festival di Taiwan (2017) e a Beijing (2018). I video che compongono The Roots Of Violence (2014-2019) sono stati selezionati per il Castello di Rivoli nel 2019. Il suo ultimo progetto, Atlantide (2021), è stato presentato in anteprima alla Premiere della Mostra del Cinema di Venezia del 2021, oltre che all’International Documentary Film Festival di Amsterdam e al Sevilla Film Festival.
 
Giuseppe Franco Angeli nasce a Roma nel 1935. Dopo un inizio ispirato all’arte di Alberto Burri, realizza opere in cui alla tela si alternano garze di cotone imbrattate di vernice, da cui affiorano immagini e simboli del potere e della brutalità (aquile imperiali, svastiche, lupe capitoline, falci e martelli, dollari e croci). Nel 1960 incontra gli artisti Mario Schifano e Tano Festa con i quali costituisce la Scuola di Piazza del Popolo. I tre condividono un lungo e fruttuoso sodalizio, che li porterà a diventare esponenti di spicco della Pop art italiana. Nel 1964 partecipa alla Biennale di Venezia, che proprio in quell’anno introduce in Italia gli artisti della Pop art americana. Nel 1968 allestisce, in occasione de Il Teatro delle Mostre alla galleria La Tartaruga, l’installazione Opprimente. Durante gli anni Settanta si accosta a temi di impegno politico (come la guerra in Vietnam), per poi rivolgersi a soggetti figurativi come lune, piramidi, aeroplani, obelischi, testimonianza dei suoi viaggi in Oriente. Muore a Roma nel 1988.
 
Maria Arena è un’autrice e regista catanese. Vive a Milano, dove si è laureata in Filosofia e diplomata in Regia alla Scuola Civica di Cinema “Luchino Visconti”. Ha realizzato molti cortometraggi – tra cui Desertogrigio (2008), premiato al Locarno Film Festival – e documentari, che sono stati proiettati in importanti festival nazionali e internazionali. Ha curato la regia di videoclip per Mario Biondi, Mario Venuti e Cesare Basile. È inoltre autrice di videoinstallazioni e ha collaborato con il mondo del teatro per spettacoli al Teatro Officina e Teatro I di Milano, oltre che con il Centro Zo di Catania. Dagli anni Novanta detiene un laboratorio di sperimentazione audiovisiva, che ha avuto modo di portare in diversi contesti istituzionali italiani. Il suo primo lungometraggio, del 2014, è intitolato Gesù è morto per i peccati degli altri, mentre di recente ha realizzato Il terribile inganno (2021). Nel 2015 ha fondato l’associazione Trame di quartiere, per il quartiere Berillo di Catania. Nello stesso luogo, inoltre, ha curato il laboratorio della web serie documentaristica San Berillo Web Serie Doc (2016-2018). Nel 2018 assume la direzione artistica della rassegna cinematografica Prospettive. Dal 2004 è docente di Linguaggi e tecniche dell’audiovisivo presso l’Accademia di Belle Arti di Catania; successivamente, dal 2012 al 2019, tiene lo stesso corso presso la Scuola di Nuove Tecnologie dell’Arte a Brera e dal 2015 al 2017 all’Accademia di Belle Arti di Palermo.
 
Giuseppe Baresi è direttore della fotografia, filmmaker indipendente e artista mediale. Inizia la sua attività negli anni Ottanta, con il gruppo artistico multimediale Studio Azzurro: per un decennio circa lavora come operatore video e cinematografico per tutti i film e le videoinstallazioni di Stusio Azzurro, fino al 1989, quando apre la casa di produzione Stilo e inizia a lavorare come produttore indipendente e filmmaker, oltre che come direttore della fotografia. Nel 1985 vince il primo premio U-Tape del Centro Video Arte di Palazzo dei Diamanti di Ferrara con Brown Boveri, film candidato poi in numerosi Festival Internazionali (Locarno, Linz, Melbourne e Roma, per la selezione di videoarte Italia, USA, Canada). Come direttore della fotografia ha lavorato, tra gli altri, con Kiko Stella e negli anni Novanta per la Compagnia Corte Sconta per numerosi videofilm di teatro-danza, vincendo per due volte il premio il Coreografo Elettronico e il Kirin Contemporary Award a Tokyo nel 1996. Ha inoltre collaborato come direttore della fotografia con Giancarlo Soldi in AleX, indagini su mondi segreti (1997), Come Tex nessuno mai (2012), Diabolik sono io (2019), Cercando Valentina, docu-film che riceve il Nastro d’Argento nel 2020. Nella sua attività di artista mediale ha realizzato complesse installazioni, tra cui nel 1995 la proiezione cinematografica per l’opera Tosca di immagini girate in 35mm al Teatro Regio di Torino, con la regia di Daniele Abbado; nel 2005, sempre in teatro, per Memoriale della Liberazione di Milano ha realizzato otto grandi proiezioni per la mostra e un’installazione; e, più di recente, il progetto Titania, del 2016, un’installazione foto-cinematografica presentata nello spazio ARP della Fabbrica del Vapore di  Milano, a cura di Studio Azzurro. Dal 2000 si dedica a una intensa attività di formazione, tenendo corsi di cinema, video e fotografia e collaborando con i principali enti di formazione sull’audiovisivo di Milano. 
 
Gianfranco Baruchello, nato a Livorno nel 1924, si laurea in matematica per poi dedicarsi alla pittura dalla fine degli anni Cinquanta. Nel 1962 è invitato a partecipare a Collage et Object della Galerie du Cercle di Parigi e a The New Realists della Sidney Janis Gallery di New York. L’anno successivo ha luogo la sua prima personale, presso la Galleria La Tartaruga di Roma, dove incontra Marcel Duchamp. Grazie all’incontro con il noto artista francese, Baruchello ha la possibilità di esporre nel 1964 a New York, presso la Cordier and Ekstrom Gallery. Nei decenni Sessanta e Settanta produce film in 16mm, come Il grande zero del paesaggio (1963), ed enttra a far parte della Cooperativa del Cinema Indipendente. Con Alberto Grifi produce il found footage dal titolo Verifiche Incerte (1964), presentato a Parigi nel 1965, poi al MoMA e al Guggenheim Museum di New York l’anno seguente. È presente a livello internazionale in molte mostre e nel 1967 partecipa a Painting To Be Read, Poetry To Be Seen al Museum of Contemporary Art di Chicago. Oltre agli esperimenti filmici, dal carattere anche performativo, in questo periodo l’artista utilizza anche il videotape e, sempre con Alberto Grifi, realizza A partire dal dolce (1978-1979). Nel 1973 fonda l’Agricola Cornelia S.p.a., un’azienda agricola tra attività e creatività, cui dedica un libro (Agricola Cornelia S.p.a. 1973-1981). Nella stessa sede, dal 1998, ha luogo la fondazione che porta il suo nome. Ha dato vita inoltre al collettivo Altrementi, insieme con Anna Lajolo e Guido Lombardi. Dagli anni Novanta passa all’uso del digitale.
 
Elena Bellantoni nasce a Vibo Valentia nel 1975. Si laurea in Storia dell’arte contemporanea presso “La Sapienza” di Roma, proseguendo poi i suoi studi a Parigi e Londra, dove consegue un Master in Visual Art al WCA University of Arts. Si avvicina al mondo del teatro-danza e alle arti performative attraverso workshop in Italia e all’estero. Tra le ultime personali Hale Yella addio/adios, a Bergamo nel 2016, e Lucciole, nello Spazio Alviani di Pescara nel 2015. È presente in molte collettive, tra cui nel 2016 le mostre Beyond Borders. Transnational Italy (British School di Roma) e The Picutre Club (American Academy in Rome) e Al-Tiba9 Algiers nel 2015, al Bardo National Museum in Algeria. Partecipa a diverse residenze artistiche, come la Soma Residency di Città del Messico nel 2016 e il Careof Residency Program DOCVA di Milano nel 2014. Vince nel 2009 il Movin’up G.A.I. a Torino e nel 2012 il bando NGBK per il progetto In Other Words, realizzato alla Kunstraum Kreuzberg Bethanien di Berlino. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche, come la Collezione Farnesina presso il Ministero degli Affari Esteri di Roma, che dal 2014 conserva The Fox and the Wolf: Struggle for Power. È attualmente docente di Fenomenologia del corpo all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 2015 è co-fondatrice di Wunderbar Cultural Project, un’associazione culturale. Nel 2018, con l’opera On the Breadline, è tra gli artisti vincitori della IV edizione dell’Italian Council. Attualmente lavora tra Roma e Berlino.
 
Nata a Roma nel 1966, dove avviene la sua formazione, Elisabetta Benassi sfrutta molteplici risorse espressive, quali la fotografia, la performance e il video. Riflettendo sui temi della storia recente, costruisce opere che spesso raccontano di memorie collettive ed eredità intellettuali scomode, citando la produzione di pensatori come Pier Paolo Pasolini – in Noon (2003) – e Antonio Gramsci – in Passato Presente (2003). Fra le sue mostre personali si annoverano Soledad, Fiac! (2011) al Grand Palais di Parigi, That’s me in the Picture (2015) e The Sovereign Individual (2018) alla Galleria Jousse Entreprise, ancora a Parigi, e Voglio fare subito una mostra (2013) alla Fondazione Merz; fra le collettive Nero su bianco (2015) all’American Academy di Roma, Par tibi Roma nihil (2016) al Foro Palatino, Io dico Io – I say I (2021) a La Galleria Nazionale di Roma. Nel 2018 vince la III edizione del premio Italian Council.
 
Valentina Berardinone (Milano, 1924) durante la prima metà degli anni Sessanta inizia a avvicinarsi al linguaggio cinematografico per poi approdare al video. Alla base del suo messaggio artistico, influenzato dal forte scontro delle dominanti ideologie politiche (socialismo marxista, democrazia capitalista, totalitarismi), sta la convinzione che l’essere umano sia imprigionato in una complessa rete di dispositivi di potere che esclude ogni via di fuga. I suoi primi film non sono “dei tentativi di discorso politico” ma “veri e propri film politici, nella misura in cui hanno come oggetto il condizionamento dell’uomo, non generico ma storico.” Nel 1969 partecipa alla mostra Campo Urbano a Como, esponendo il suo Anti monumento alla vittoria. Dal 1975 è tra i primi soci della Libreria delle Donne di Milano.
 
Daniela Bertol è un’artista interdisciplinare, designer e autrice che da tre decenni esplora le convergenze tra arte, scienza, matematica e tecnologia. Il suo lavoro utilizza diversi media, sia nel mondo analogico che in quello digitale: land e performance art, computing design e video. Ha pubblicato numerosi saggi e libri, tra cui Form Geometry Structure: from Nature to Design (Bentley Institute Press, 2011) e Designing Digital Space (John Wiley, 1996), il primo libro sulla realtà virtuale in architettura. Il tema trattato nelle prime opere è il rapporto tra spazio e percezione, che ha ispirato le tre serie Architecture of Geometries, Architecture of Images e Architecture of Illusion (1985-1995) realizzate con digital collage, trompe-l’œil, false prospettive e videoinstallazioni. A metà degli anni Novanta la sua ricerca è dedicata a sviluppare tematiche di natura fenomenologica, sulla relazione tra il corpo fisico, immerso in uno spazio reale, e il mondo digitale. Produce Sky Spirals, una serie basata su teorie matematiche e cosmologiche sul rapporto tra mente umana e ambiente naturale. Negli ultimi dieci anni si concentra sul rapporto tra movimento umano, spazio e geometria, orientandosi verso le neuroscienze nell’ambito del progetto di “art-in-nature” S.U.N.F.A.R.M, iniziato nel 2001 nella Hudson Valley (USA). 
 
Michele Böhm (Venezia, 1952), alias prof. Nulla, è un artista-programmatore, che scrive da sé i software con cui conduce una ricerca che parte dal fotorealismo, per approdare all’analisi e alla manipolazione dell’immagine. Negli anni Ottanta Michele Böhm entra a far parte del panorama italiano della computer art, fondando lo studio Crudelity Stoffe con Marco Tecce. Il gruppo espone nel 1983 alla mostra Electra del Musée de l’Art Moderne de la Ville de Paris. Nel Novanta inizia a realizzare software che analizzano le immagini e riconoscono i caratteri, producendo poi delle stampe, per la maggior parte in bianco e nero. Ha insegnato Tecniche di Simulazione dei Paesaggi in università romane e milanesi. Con il passaggio al fotorealismo elettronico, fonda lo studio Codenrama con Francesco Palenga, con il quale si è impegnato in un progetto di ricostruzione e riattivazione virtuale della Caserma Pepe di Venezia (2016). Tra le esposizioni più recenti quella  del 2021 presso gli spazi del MLAC dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove è stato possibile vedere I am NPC F43 (2020).
 
Sylvano Busotti (1931-2021) è stato una figura eclettica che ha esplorato molteplici espressioni artistiche. È noto come compositore, poeta, romanziere, attore, cantante, scenografo e costumista. Nasce a Firenze, dove comincia a studiare musica fin dall’infanzia, sviluppando una precoce disposizione verso l’arte. Si iscrive al Conservatorio Luigi Cherubini, senza poter completare gli studi a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale. A Parigi, fra il 1956 e il 1958, riesce ad accedere ai corsi privati di Max Deutsch, dove incontra Pierre Boulez e Heinz-Klaus Metzger. Quest’ultimo lo introduce ai corsi estivi di Darmstadt, permettendogli di conoscere John Cage e le sue sperimentazioni teoriche e concettuali. In Germania nel 1958 comincia a presentare la sua musica con l’esecuzione del pianista David Tudor e successivamente anche di Cathy Berberian. Nel 1964 soggiorna due anni negli Stati Uniti, invitato dalla fondazione Rockfeller. Riceve in tre diverse occasioni il premio SIMC, nelle edizioni 1961, 1963 e 1964. Ha ricoperto incarichi di grande prestigio sul piano artistico internazionale, come la direzione del Teatro La Fenice di Venezia, della Biennale Musica e del festival pucciniano di Torre del Lago. È stato docente presso la Filarmonica Romana e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
 
Gea Casolaro vive tra Roma e Parigi. La sua opera indaga, attraverso la fotografia, il video, l’installazione e la scrittura, il rapporto che intercorre tra l’essere umano e le immagini, l’attualità, la società, la storia. Espone per la prima volta nel 1994. La sua ricerca mira ad attivare un dialogo permanente tra le esperienze e le persone, per ampliare la capacità di analisi e di conoscenza della realtà attraverso i punti di vista altrui. Nel 2009 Gea Casolaro è stata in residenza per nove mesi presso la Cité Internationale des Arts di Parigi, dove ha lavorato al suo progetto Still here, sul rapporto tra fotografia, cinema e vita quotidiana nella capitale francese. Sono rispettivamente del 2017 e del 2018 le sue personali Con lo sguardo dell’altro, presso il Macro, Museo d’arte contemporanea di Roma, e Nel corpo della città, esposizione diffusa in tre sedi nella capitale romana che deriva da un progetto commissionato dal Museo Laboratorio della Mente. Nel 2020 vince l’ottava edizione di Italian Council, programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, per il suo progetto Mare Magnum Nostrum, che nel 2021 entra nella collezione permanente del Museo Nazionale di Ravenna. Dal 2019 è docente di Linguaggi della fotografia presso la NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Roma.
 
Correnti Magnetiche è stato un collettivo di artisti nato a Milano nel 1985, per impulso del pittore Mario Canali e del musicista Riccardo Sinigaglia, ai quali si sono affiancati Flavia Alman (progettazione), Sabine Reiff (programmazione) e Tommaso Leddi (musica elettronica), orientato alla produzione di composizioni audiovisive. Presente e vincitore di vari premi in numerosi eventi nazionali e internazionali dedicati all’arte elettronica, oltre che nelle principali reti televisive di tutta Europa, il collettivo si orienta dagli anni Novanta alla ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie interattive, realizzando il personaggio digitale interattivo Euclide e la trilogia di installazioni Audio-Ritratto (Il colore della voce – Il peso delle parole – Apparenze), solo per citare alcune produzioni. Con l’antologica presso la Rocca Paolina di Perugia (1996) si conclude l’attività del collettivo.
 
Nato a Lecce nel 1940, Fernando De Filippi si diploma in scenografia nel 1964 presso l’Accademia di Brera. La fase iniziale della sua carriera artistica è legata alla pittura Informale, poi, negli anni Settanta, si avvicina al Realismo socialista. La figura di Lenin ricopre un ruolo importante all’interno della poetica artistica di De Filippi, tanto che nel 1974, per il film-video Sostituzione, ne assume le sembianze. Gli anni Ottanta vedono le sue opere animarsi di suggestioni mitologiche, scultoree e architettoniche. Ha partecipato a cinque edizioni della Biennale di Venezia: nel 1970, nel 1972, nel 1975, nel 1976 e nel 1977. È stato il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera dal 1991 al 2009 e dell’Accademia di Belle Arti Gian Bettino Cignaroli di Verona dal 2009 al 2011.
 
Rä di Martino (Roma, 1975) vive e lavora a Torino. Ha studiato al Chelsea College of Art e alla Slade School of Art di Londra. Dal 2005 al 2010 ha vissuto a New York. Ha esposto alla Tate Modern a Londra, al MoMA PS1 a New York, a Palazzo Grassi a Venezia, al MACRO e al MAXXI di Roma. Ha partecipato a festival del cinema internazionali, tra cui il New York Underground Film Festival, e al Festival del Cinema di Venezia, vincendo nel 2014 il Premio SIAE. Nel 2019 presso il Museo del Novecento di Firenze ha tenuto la mostra L’eccezione e al Mattatoio di Roma Afterall; nel 2020 la personale Allunati, presso la Monica de Gardenas Gallery di Milano.
 
Francesca Fini si definisce un’artista “interdisciplinare”. La sua ricerca spazia dalla sperimentazione cinematografica all’animazione digitale e ai nuovi media, dalle installazioni alle performance. Lavora da quindici anni nel campo dei media digitali e della televisione. Ha esposto in molte occasioni di carattere internazionale, tra cui la WRO Media Art Biennale in Polonia (2011), il CINEMED Film Festival di Montpellier (2013), il FILE Electronic Language International Festival di San Paolo (2012) e, più di recente, all’Ibrida Festival di Forlì (2021) e alla Biennale di Arte Contemporanea Les jours de lumière di Saint-Saturnin (2021). Ha preso parte alla prima edizione della Settimana Internazionale dell’Arte della Performance di Venezia, tenutasi a Palazzo Bembo, insieme ad altri importanti artisti performativi come Valie Export, Jan Fabre, Yoko Ono, Marina Abramović e Hermann Nitsch. Nel 2016 dirige Ofelia non annega. Riceve numerose nomination e premi, tra cui, nel 2020, il Share Art Prize (in Piemonte), il Zealous Digital Art (in Gran Bretagna) e il premio conferito da CYLAND in occasione di CYFEST13 – Chaos and Cosmos.
 
Nato Frascà nasce a Roma nel 1931. Compiuti gli studi classici, si iscrive alla Facoltà di Architettura, che lascerà dopo tre anni per dedicarsi completamente alla pittura. Nel 1955 vince la borsa di studio del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e frequenta contemporaneamente l’Università delle Scienze Sociali Pro Deo (oggi LUISS). Nel 1961 vince una borsa di studio del Governo francese e si trasferisce a Parigi, dove frequenterà i corsi di incisione dell’Atelier 17 di William Stanley Hayter, entrando in contatto con artisti come Alberto Giacometti, Jean Fautrier, Hans Hartung e Alexander Calder. Nel 1962 rientra a Roma e dopo due anni è tra i fondatori e firmatari del manifesto del Gruppo Uno, insieme a Gastone Biggi, Nicola Garrino e Giuseppe Uncini. Nel 1965 partecipa alla IX Quadriennale nazionale d’arte di Roma e nel 1966 alla Biennale di Venezia, dove espone nella sala dedicata al Gruppo Uno. Nel 1971 vince il premio di scultura alla Biennale Internazionale del Mediterraneo di Alessandria d’Egitto ed espone allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Negli anni successivi partecipa a varie mostre istituzionali, come quella al Castello di Rivoli (1985) e all’esposizione 1963 e dintorni, presso le Gallerie d’Italia di Milano (2013). La sua arte ha attratto le attenzioni di studiosi come Palma Bucarelli, Franco Sossi, Giulio Carlo Argan e Eugenio Battiti.
 
Ida Gerosa è stata un’artista pioniera della computer art. Nata nel 1938, studia psicologia alla Sapienza di Roma e arti figurative alla Scuola di Arti Ornamentali. Abbandonato presto l’interesse per l’arte analogica, sfrutta le possibilità offerte dal mezzo informatico per rivoluzionare la sua pratica pittorica. Dal 1984 al 1986 compie una ricerca artistica presso il Centro scientifico IBM di Roma, partecipando alla creazione del primo programma grafico a colori del mondo, con cui produrrà negli anni successivi – dal 1986 al 1992 – delle immagini all’interno dell’Istituto di Astrofisica spaziale del CNR. Dal 1998 elabora le sue creazioni con il microprocessore Pentium Pro e il programma di grafica vettoriale 3D Studio Max. Partecipa alla Biennale di San Paolo del 1994. Le sue opere sono presenti nelle collezioni di musei nazionali e internazionali, da Washington a Tokyo, oltre che al Museo Pecci di Prato. Realizza numerose proiezioni in contesti urbani, in particolare a Roma, sulla Fontana di Trevi (1992), sulla Fontana dei Fiumi a Piazza Navona (1996) e sulla scalinata di Trinità dei Monti (2008) a Piazza di Spagna, dove realizza anche un’installazione sulla Barcaccia nel medesimo anno. Muore il 19 luglio 2019.
 
Paolo Gioli (Sarzana, 1942) è pittore, fotografo e regista di cinema sperimentale. Nel 1960 frequenta la scuola libera del nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove rimane per fino al 1967, anno della partenza per New York. Il contatto con l’ambiente statunitense lo porta all’incontro con il New American Cinema e, in pittura, con la Scuola di New York; entrerà successivamente in contatto con i galleristi Leo Castelli e Martha Jackson. Nel 1970 si stabilisce a Roma dove inizia a collaborare con la Cooperativa Cinema Indipendente, che gravita intorno al Filmstudio, associazione culturale romana nata nel 1967 e dedita alla promozione e alla diffusione di opere cinema sperimentale. Tra Rovigo e Roma produce i primi film rincorrendo a un’estetica ispirata alle sperimentazioni degli albori del cinematografo, in bilico tra immagine fissa e movimento. Nel 1976 si trasferisce a Milano dove, oltre al cinema, si dedica con continuità alla fotografia. Oggi vive e lavora a Lendinara.
 
Il gruppo dei Giovanotti Mondani Meccanici, o GMM, nasce nel maggio del 1984 a Firenze, da Antonio Glessi (Gorizia, 1954) e Andrea Zingoni (Firenze, 1955), che realizzano la prima computer strip della storia del fumetto, dal titolo Frigidaire, la prima music cassetta, GMM – una raccolta delle musiche ambientali delle loro installazioni e performance –, e un omonimo LP (1986) di successo internazionale, portato in tour da una jazz band. Con l’ingresso nel gruppo di Maurizio Dami si moltiplicano le produzioni nel campo della musica con i videoclip Tamburo (1986) per la cantante Teresa del Sio; C’est la Vie (1987) per Alexander Robotnick; Baciami (1993) per il Generale e Ludus Dub Band; Tutto Passa (1994) per Claudio Rocchi. Lavorano anche a stretto contatto con la televisione, realizzando il serial televisivo Le avventure di Marionetti, andato in onda in undici episodi nella trasmissione Non Necessariamente, su Rai1, dal 1985 al 1986. Agli inizi degli anni Novanta realizzano videoinstallazioni in musei, come Tecnomaya in Infotown (1991) al Museo Pecci di Prato. Nel 1995 realizzano Gino the Chicken Lost in the Net, una saga animata, composta di tre episodi, elaborata con diverse tecniche video e di computer grafica, compresa quella 3D. La saga vince il premio “Immagine” dell’IBTS e viene trasmessa nel programma serale Mediamente, condotto da Carlo Massarini. Gino è il protagonista anche del primo website realizzato dai GMM, Ginofiles. Ormai diventato cartoon grazie a Joshua Held, Gino è conosciuto come fenomeno web nazionale grazie al videoclip Tu vuò fa’ o’ Talebano, che lo porta ad avere una serie TV con 52 episodi tra il 2004 e il 2006 con la coproduzione di Rai1.
 
Fabio Massimo Iaquone, videoartista e filmmaker sperimentale, opera nella scena artistica internazionale sin dagli anni Ottanta. Nel 1984 presenta per la prima volta i suoi lavori nella Galleria Fotostudio di Firenze. Nel 2002 prende parte alla rassegna di arte contemporanea HIC et NUNC nel Comune di S. Vito al Tagliamento, presentando Passaggio d’autunno, una delle prime installazioni video immersive realizzate in Italia. È nel teatro che Iaquone ha voluto sperimentare il rapporto tra le sue creazioni e un pubblico di spettatori, decontestualizzando la videoarte dai suoi luoghi “privilegiati”. Il suo Macbeth di Shakespeare (Teatro Agorà, Roma, 1992), con straordinari effetti visivi e sonori, figura tra i primi esempi elettronici di immagine video e suono “spazializzati” (mapping). Molte sono le persone e gli stage che lo hanno coinvolto, ma rimangono significative le collaborazioni con Giorgio Barberio Corsetti, Ricardo Pais, Robert Wilson, Lucio Dalla, Alfredo Arias, Antonella Ruggiero, Andrè Gingras, Lorenzo Mariani, Paulo Ribeiro, Katia e Marielle Labèque e Viktoria Mullova, Leo Muscato. Lo stile di Iaquone, sviluppato intorno al concetto di “DVT" (DIGITAL VISUAL THEATRE), si evidenzia in regie come Candide, di Leonard Bernstein (Opéra de Rennes, 2004; Opéra de Rouen, 2006), Variazioni sul cielo, con Margherita Hack (2004), e Matematico e Impertinente, con Piergiorgio Odifreddi (2006). Dal 2003 è docente universitario in diversi atenei italiani, tra cui, dal 2020, l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove tiene il corso di Multimedia Design. Nel mese di ottobre 2021 allestisce Genea/Logia, una videoinstallazione immersiva, presso il Teatro Due di Parma.
 
Alfredo Leonardi (Voghera, 1938) è un regista ed editore italiano. Dopo essersi laureato in Lettere, lavora come assistente di Ugo Gregoretti nell’episodio Il pollo ruspante del film Ro.Go.Pa.G (1963). Agli anni Sessanta corrispondono i suoi incarichi teatrali all’Italian Living Theatre. Dal 1964 si dedica al cinema di sperimentazione: Living and Glorious (1965) e Se l’inconscio si ribella (1968) sono i suoi cortometraggi più noti, mentre Amore, amore (1966), unico lungometraggio mai realizzato, di cui Leonardi cura in prima persona sia la regia che il montaggio, viene presentato in anteprima al Pesaro Film Festival del 1967. Dagli anni Settanta lavora per la televisione e allo stesso tempo produce e dirige film-documentari quali Policlinico in lotta (1973) e Carcere in Italia (1973). La sua sensibilità per le tematiche sociali emerge anche nel successivo Lottando la vita – Lavoratori italiani a Berlino (1975). 
 
Domenico Mangano (Palermo, 1976) si forma all’Accademia di Belle Arti di Palermo dal 1996 al 2000, per poi riprendere gli studi dal 2005 al 2007. Si afferma sulla scena artistica nazionale e internazionale già dai primi anni del Duemila, esponendo le sue opere fotografiche e video, situate tra il surreale e il documentativo, come Voyage extraordinaire de J. (Zisa di Palermo, 2001) o Don’t Disturb the Growing Grass (Aike Dellarco Gallery di Shanghai, 2008). Grazie alla telecamera realizza video con l’intento di archiviare il quotidiano sotto forma di cortometraggi e fotografie. La sua ricerca artistica punta ai contrasti della realtà e alla relazione possibile tra sistemi opposti, come succede in Merano 2000 e in opere quasi antropologiche come Storia di Mimmo. Dopo un lungo tempo passato a contatto con la cultura statunitense, produce opere pittoriche e scultore dal taglio ironico e irriverente, fatto di immagini esagerate. Del 2010 è importante la sua partecipazione nel contesto del progetto Others: le Biennali d’arte di Marrakech, Istanbul e Atene a Palermo e a Catania e Others Resident, dove presenta un’opera di videoproiezione. È stato selezionato tra i quaranta artisti entrati nell’archivio SACS, Sportello per l’Arte Contemporanea della Sicilia. Tra le sue ultime esposizioni personali si ricorda quella del 2019, dal titolo When the Whistle Glares, tenuta alla Galleria Magazzino di Roma. Importante la sua collaborazione con Marieke van Rooy (Weert, NL, 1974), storica dell’arte con cui attualmente vive e lavora ad Amsterdam.
 
Plinio Martelli è nato nel 1945 a Torino. Si può considerare figlio d’arte: il padre era un pittore milanese trasferitosi poi a Torino, dove lavorò a fianco di Menzio, Quaglino e altri artisti di quel periodo; mentre il nonno, pittore ferrarese, fu compagno a Milano di Carrà, Malerba e del poeta Corrado Govoni. Si diploma presso l’Accademia Albertina di Torino. Nel 1969 allestisce la sua prima personale nella galleria d’arte contemporanea Christian Stein. Oltre alla scultura e al disegno, altrettanto importanti sono stati il cinema d’artista, per il quale è stato invitato alla Biennale di Venezia nel 1978, e la fotografia. Si sono tenute innumerevoli mostre personali e di gruppo in gallerie e musei internazionali, tra cui Torino, Milano, Roma e Parigi. Ha partecipato alla 54ª Biennale di Venezia. Il suo interesse è rivolto verso la condizione umana, con riferimenti a una “identità differente”.
 
Nicolò Masazza (Milano, 1973) e Jacopo Bedogni (Sarzana, 1971) formano il gruppo MASBEDO nel 1999. Il loro lavoro è una costante esplorazione, e di conseguenza una commistione, di diversi linguaggi artistici: il video, l’installazione, il cinema, la performance, il teatro d’avanguardia e il sound design. Recentemente, hanno individuato nella relazione tra cinema e arte un territorio d’indagine prediletto, che approcciano con uno sguardo attento tanto agli elementi socio-antropologici quanto a quelli più intimi e poetici. Le loro opere sono state esposte in musei, biennali, istituzioni e festival di tutto il mondo, tra cui l’International Film Festival Locarno, il Miami International Film Festival, la Mostra del Cinema di Venezia, Lo schermo dell’arte di Firenze.  
 
Roberto Nanni (Bologna, 1961) è un cineasta noto principalmente per I diari della Sacher: Antonio Ruju. Vita di un anarchico sardo (2001) e Attraverso un vetro sporco (1999). Formatosi sulla scia del cinema americano sperimentale e d’avanguardia degli anni Cinquanta e Sessanta, attraverso cineasti come Stan Brackhage, Jonas Mekas e Kenneth Anger e forte delle sue esperienze estere, come la collaborazione con il gruppo musicale statunitense Tuxedomoon, Nanni sperimenta nelle sue opere una personalissima sintesi tra il linguaggio sonoro e quello visivo, dando forma a un codice espressivo lontano dalla narrazione convenzionale e mettendo in risalto la libertà di movimento della telecamera. Nel 1989 gira con Giuseppe Baresi, Matilde Ippolito e Studio Azzurro il cortometraggio Fluxus e nel 1993 realizza L’amore vincitore. Conversazione con Derek Jarman. Vive e lavora a Roma.
 
La ricerca artistica di Ugo Nespolo (Mosso, 1941) inizia a ridosso degli anni Settanta, dopo il diploma presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e la laurea in Lettere Moderne. Perfettamente integrato nel panorama della Pop art attraverso l’impronta ironica delle sue opere, inizia a esporre nella galleria il Punto di Remo Pastori di Torino e presso la Galleria Schwarz di Milano. Proprio in questo periodo Nespolo si approccia al cinema sperimentale d’artista. Realizza cortometraggi e film in cui gli attori sono celebri artisti come Lucio Fontana, Enrico Baj e Michelangelo Pistoletto. Dopo aver sperimentato non solo con la pittura, ma anche con la scultura e la ceramica, tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, ritorna al mezzo cinematografico con FILM/A/TO, interpretato da Edoardo Sanguineti e prodotto dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema di Torino in occasione della retrospettiva Turin, berceau du cinéma italien al Centre Pompidou di Parigi. Nel 2007 viene nominato presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Al suo percorso artistico sono state dedicate rassegne da diverse importanti istituzioni: Centre Georges Pompidou di Parigi, Philadelphia Museum of Modern Art, Filmoteka Polska di Varsavia, Gallerie Civiche d’Arte Moderna di Ferrara, Museo Nazionale del Cinema di Torino, Museo Manege di San Pietroburgo.
 
Adrian Paci (Scutari, Albania, 1969) ha studiato pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Tirana. Nel 1997 si trasferisce a Milano, dove vive e lavora. Durante la sua carriera artistica ha avuto mostre personali in varie istituzioni, tra cui il Museo Novecento di Firenze, il Jeu de Paume di Parigi, la National Gallery del Kosovo. Tra le varie mostre collettive, le opere di Adrian Paci sono state esposte alle Biennale di Venezia (nel 1999 e nel 2005), alla Biennale di Sydney del 2006, alla Quadriennale di Roma del 2008, dove ha vinto il primo premio, alla Biennale de Lyon (2009) e nella quarta Biennale di Salonicco (2013). Le sue opere si trovano in numerose collezioni pubbliche e private, sia a livello nazionale che internazionale. Insegna pittura e arti visive presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e ha tenuto lezioni e laboratori d’arte in varie università, accademie e istituzioni artistiche di vari Paesi del mondo.
 
Luca Maria Patella (Roma, 1934) spazia dalla grafica alla fotografia, dal libro d’artista al video, dal gesto al corpo, passando per le performance e per la poesia. È tra i primi artisti europei a realizzare una mostra tramite diapositive. Nel 1966 è invitato alla Biennale di Venezia, dove tornerà a esporre in altre sei edizioni (1972, 1978, 1980, 1986, 1993, 2011). Tra le sue innumerevoli mostre si ricordano: Information, MoMA, New York (1970); Luca Patella, Museo de Arte Contemporaneo, San Paolo (1982); Duchamp und die Avant garde seit 1950, Ludwig Museum, Colonia (1988); Ergo, materia. Arte Povera, MUAC, Ciudad de México (2010); End of Earth, Land Art to 1974, MOCA, Los Angeles (2011); Luca Maria Patella. Proiezioni e visioni cosmiche 1965/1969, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2010); Luca Maria Patella – Ambienti proiettivi animati, 1964-1984, MACRO, Roma (2015); Films-opera, Tate Modern, Londra (2016).
 
Daniele Puppi (Pordenone, 1970), fin dal suo esordio nel 1996, lavora a scardinare l’idea di spazio che ruota all’interno delle coordinate euclidee. Privilegiando la videoinstallazione, ne ha enfatizzato il suono e la riconfigurazione visivo-architettonica. Le tecnologie utilizzate sono funzionali all’attivazione e all’amplificazione multisensoriale delle facoltà per- cettive, visive e uditive dello spettatore, come parte integrante dell’opera. Ha al suo attivo mostre personali e collettive in Italia all’estero.
 
Fabrizio Savi vive a San Severino Marche (MC), dove ha costruito il suo studio. Frequenta a Macerata l’Accademia, avvicinandosi alla scultura, ma nutrendo un interesse particolare anche per la computer art. Nel 1986 partecipa alla rassegna del Festival Arte Elettronica di Camerino con Halley, un’opera interattiva. La sua collaborazione con Rinaldo Funari e Elio Atte, per il teatro Artemide di Roma (progetto Babytland, 1991), gli permette di vincere una borsa di studio che lo porta all’Istituto dei nuovi media di Francoforte, allora diretto da Peter Weibel. Tornato in Italia, il suo interesse ricade sul design, settore per il quale deposita ben due brevetti. In questo periodo si avvicina nuovamente alla scultura. Negli anni Duemila progetta un sistema multimediale in grado di far interagire fra loro suoni, musica, luci e design. La sua formazione artistica di scultore, oggi, sfocia in molte produzioni di sculture-design, correlate con supporto luminoso. Nel suo ultimo ciclo di sculture (2020-2021) riprende una ricerca compiuta a partire dal 2006 conosciuta con il titolo Evanescenti luci alla ribalta. È autore, inoltre, di molti manuali che affrontano il tema della tecnica scultorea e della natura.
 
Mario Schifano (Homs, 1934 – Roma, 1998), artista, pittore e regista, è stato un esponente di spicco della Pop art italiana. Dopo un primo periodo Informale, aderisce alla Scuola di Piazza del Popolo, esperimento artistico romano degli anni Sessanta, di cui fanno parte, tra gli altri Festa, Angeli e Rotella. Numerose sono le serie dedicate a marchi pubblicitari. Nel 1964 partecipa alla 32ª Biennale d’Arte di Venezia, esponendo una selezione di quadri riconducibili ai suoi primi esperimenti con i Paesaggi Anemici. Alla fine dello stesso anno si dedica alla rivisitazione della storia dell’arte, che lo porterà alla serie di opere dedicate al Futurismo. Appassionato studioso di nuove tecniche pittoriche, è tra i primi a usare il computer per elaborare immagini da riportare su tele emulsionate.
 
Marinella Senatore nasce a Cava de’ Tirreni nel 1977. Ha una formazione multidisciplinare, che spazia dalla musica alle arti visive e alla cinematografia. Interessata alla camera e alla direzione della fotografia, studia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Con questa esperienza inizia a produrre opere luminose, utilizzando bulbi LED di grandi dimensioni: sono le sue luminarie, elementi architettonici effimeri di immaginario tradizionale, che nel 2021 si traducono in Back to Nature. Punto focale della sua ricerca artistica è la collettività, intesa come forma rituale in grado di cambiare la società. Basato sull’environment, il suo approccio permette che le opere diventino strutture funzionali a creare ambienti vari, con media diversi. Molte sono state le esposizioni in importanti centri culturali internazionali e italiani, come l’High Line di New York, il Centre Pompidou e il Palais di Tokyo di Parigi, il MAXXI di Roma, il Museo del Novecento di Milano. Partecipa alle Biennali di San Paolo, di Venezia, di Bangkok e in diverse altre manifestazioni di carattere internazionale. Interessante è la creazione di The School of Narrative Dance, con cui dal 2012 porta un sistema didattico alternativo, nomade e itinerante, in 23 Paesi, coinvolgendo circa 6 milioni e mezzo di persone. Importante è anche il suo progetto Rosas, un’opera lirica in tre atti su schermo, a cui partecipano circa 20.000 persone provenienti da Germania, Inghilterra e Spagna. Ha ricevuto molteplici riconoscimenti, l’ultimo fra tutti il premio ACACIA nel 2021. Ha ottenuto molte cattedre e interventi in istituti internazionali tra New York, Londra, Napoli, Milano e non solo. Dal 2021 è l’unica artista europea a insegnare presso The Alternative Art School (TAAS).
 
Giulio Squillacciotti è un artista e regista il cui lavoro è orientato principalmente sull’invenzione e sulla trasformazione delle tradizioni. Ha studiato Storia dell’arte medievale a Roma e all’Università di Barcellona. In seguito, ha conseguito un Master in Arti visive presso l’Università IUAV di Venezia. È stato borsista alla Jan Van Eyck Academie di Maastricht e uno degli artisti del Padiglione Olandese della XVIII Biennale di Architettura di Venezia.
 
Studio Azzurro nasce nel 1982 a opera di Fabio Cirifino (Milano, 1942), Paolo Rosa (Rimini, 1949 – Corfù, 2013) e Leonardo Sangiorgi (Parma, 1949), cui si unisce Stefano Roveda (Milano, 1959) dal 1995 al 2011. Fin dall’inizio, il gruppo esplora le possibilità artistiche dei nuovi linguaggi tecnologici, in un attivo laboratorio di ricerca. Risalgono agli anni Ottanta le loro prime collaborazioni in ambito teatrale e cinematografico. Dal 1990 la ricerca del gruppo punta alla “sensibilizzazione”, attraverso l’uso di strumentazioni che aumentano la percezione sensoriale, come camere termiche, IR e raggi X. In quegli stessi anni Studio Azzurro sperimenta la capacità interattiva delle tecnologie, producendo “ambienti sensibili” in grado di rispondere all’attività del fruitore. L’interazione dello spettatore è principio alla base dei numerosi allestimenti museali curati dal gruppo, in cui pone inoltre una particolare attenzione al patrimonio paesaggistico e culturale.
 
Cosimo Terlizzi (Bitonto, 1973) sperimenta molteplici media, dalla fotografia alla performance, dall’installazione al video. Tra i suoi primi film vi è Aiuto! Orde Barbare al Pratello (1996), in cui racconta dell’occupazione delle case a Bologna. Nel 2002 firma il cortometraggio Rocca Petrosa e nel 2008 conclude il pluripremiato documentario Murgia: un insolito e ironico road-movie in tre episodi sul Parco Nazionale dell’Alta Murgia, in Puglia. Contemporaneamente, produce S.N. via senza nome casa senza numero (2008), un ciclo di otto episodi che ritraggono la vita del fratello e del nipote dell'. Nel 2015 collabora allo spettacolo Aurora del coreografo Alessandro Sciarroni, dal quale scaturisce il film-documentario Aurora, un percorso di creazione. Nel 2018 realizza con Buena Onda (casa di produzione di Valeria Golino, Riccardo Scamarcio e Viola Prestieri) la sua prima fiction, Dei. Dal 2019 al 2020 è stato il direttore artistico di Asolo Art Film Festival.
 
Nato a Modena nel 1936, figlio di un fotografo professionista, Franco Vaccari coltiva sin da ragazzo interessi intorno all’arte, in particolare la poesia, la fotografia e il cinema. Il tema della traccia e il mezzo fotografico saranno due costanti nella sua produzione. Partecipa alla Biennale di Venezia del 1972 con l’opera Esposizione in tempo reale n. 4: Lascia su questa parete una traccia fotografica del tuo passaggio. Vaccari accompagna sin dagli esordi l’attività artistica con la riflessione teorica, pubblicando numerosi libri. A oggi, ha realizzato 45 esposizioni in tempo reale, una quindicina di video, presentati tra l’altro nel 2003 al Festival del Cinema di Locarno, e 25 libri d’artista. Partecipa alle edizioni della Biennale di Venezia del 1980 e del 1993. Nel 1977 inizia la collaborazione con lo Studio Marconi, dove espone nel 1979 e nel 1984. Nel 1984 il Museum Moderner Kunst di Vienna gli dedica una mostra antologica. Nel 1999 partecipa alla mostra Minimalia al PS1 di New York. Nel 2003 è invitato a prsentare i suoi video al Festival del Cinema di Locarno. Nel 2014 la Fondazione Morra Greco presenta la prima personale dell’artista a Napoli.
 
Guido Vanzetti è stato un fotografo, regista e animatore, pioniere della computer grafica in Italia. Nasce a Milano nel 1938 e inizia la sua formazione studiando materie scientifiche, fra Roma e New York. Si dedica successivamente alla fotografia, che sperimenta a partire dagli anni Sessanta, immortalando celebri cantautori e personaggi dello spettacolo. Nei medesimi anni lavora nel settore pubblicitario e televisivo, occupandosi di fotografie di moda e manifesti, poster e copertine. Sperimenta diverse tecniche di modificazione dell’immagine, producendo foto solarizzate, multivisioni di grande formato e le cosiddette “foto a quadretti”, che presentano una scomposizione in formato pixel. Negli anni Ottanta il suo interesse si sposta verso l’informatica, campo in cui convoglia il suo estro inventivo. Un periodo di grande fervore creativo viene inaugurato con il video Pixnocchio (1982), prima opera italiana d’animazione, realizzata integralmente in computer grafica, in cui si racconta una versione alternativa ed “elettronica” della celebre storia di Collodi. Seguiranno altri cartoni animati, come Sasà (1990), e sigle, come Made in Fiat e quella impiegata per i mondiali di calcio 1990. Muore il 23 dicembre 1994. Nel 2020, l’ISFCI, Istituto Superiore di Fotografia, organizza negli spazi del Pastificio Cerere di Roma la prima retrospettiva a lui dedicata.
 
Giacomo Verde nasce a Cimitile (Napoli) nel 1956 e si diploma all’Istituto d’Arte di Firenze nel 1977. Dal 1983 ha inizio la sua carriera artistica e teatrale. In quegli anni realizza più di centocinquanta videotape nel campo del teatro, divenute poi opere a sé. Nel 1986 realizza la nota videoinstallazione Totem di Est-Etica Antica-t-Astr-Fica, prodotta in occasione di Videoset ’86 ed esposta nelle Gallerie Civiche di Arte Moderna di Palazzo dei Diamanti, a Ferrara. In quello stesso anno fonda il gruppo Bandamagnetica e compare in molte trasmissioni televisive sui canali RAI: Dancemania (1986) di Rai3, Il Sabato dello Zecchino (1987) su Rai1 e anche Fuori Orario, nella sua prima versione, su Rai3, nel febbraio del 1988. Ispirato da Boccioni, realizza in computer grafica Stati d’Animo (1989), con cui vince il concorso per storyboard al festival POW di Narni. Negli anni Novanta intraprende un viaggio-studio in Senegal e inizia il Progetto Tele-Racconto. Il decennio vede molte installazioni interattive. Collabora a livello internazionale con reti come la Van Gogh TV di Amburgo (1992), per la quale realizza la TV interattiva Piazza Virtuale per documenta IX di Kassel. Nel 1993 collabora con Correnti Magnetiche alla performance in realtà virtuale Per Krizia. L’anno successivo, con Stefano Roveda, crea Euclide, utilizzando cyberglove. Dal 1998 inizia la produzione dei video-fondali-live e nel 1999 fonda l’associazione culturale ZoneGemma (laboratorio teatrale di cultura bio-tecnologica). Dal 2000 è sulla scena internazionale con molti video-fondali-live, da Parigi a Tokyo, mentre dal 2002 tiene corsi di formazione di regia multimediale, con indirizzo teatrale. Negli ultimi anni di attività realizza molte collaborazioni con associazioni e gruppi artistici, realizzando opere virtuali e per il web. Nel 2009 tiene il workshop Free Cell Video Art, per un uso creativo del video-cellulare, e ne pubblica un resoconto in un libro. Nel 2014 realizza la video-performance 150 KNOTS, composta da minisculture con QR code. Nel 2015 fonda la rivista online Lo sguardo di Arlecchino, con Igor Vazzaz. È stato inoltre docente all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Muore nel 2020.
 
Videobase è un collettivo fondato a Roma nel 1971, composto da Anna Lajolo, Guido Lombardi e Alfredo Leonardi. Anna Lajolo è nata a Torino e vive a Roma dal 1967. Ha collaborato a quotidiani e periodici, con articoli di cronaca cinematografica e servizi culturali dall’estero. Guido Lombardi è nato a Chiavari e vive a Roma, dove nel 1965 ha frequentato una scuola di cinema. Ha scritto il capitolo su avanguardia e underground della Storia del Cinema edita da Garzanti (1988). Ha pubblicato il libro Americhe e ritoni (Marietti, 1989). Anna Lajolo e Guido Lombardi lavorano insieme dal 1967, realizzando documentari, film sperimentali e indipendenti, video sociali, programmi di finzione e inchieste per la televisione (RAI). Nel loro lavoro hanno ricercato e proposto una libera narratività del video, con attenzione alle nuove tecnologie elettroniche, continuando nella sperimentazione che ha caratterizzato larga parte del loro lavoro cinematografico.  Tra i pionieri del video in Italia, hanno fondato, oltre al gruppo Videobase, il gruppo Altrementi con Gianfranco Baruchello nel 1985. 
Alfredo Leonardi (Voghera, 1938), laureatosi in Lettere a Milano con una tesi su Gordon Craig, lavora come assistente e regista teatrale con complessi giovanili e universitari, e in seguito come assistente di Ugo Gregoretti ne I nuovi angeli e nell’episodio Il pollo ruspante del film RoGoPaG. Collabora a programmi culturali della RAI. Dopo il lungometraggio Amore amore, del 1966, e l’attività svolta all’interno della Cooperativa del Cinema Indipendente (1967-70), si dedica alla controinformazione, in collaborazione con Guido Lombardi e Anna Lajolo. Nel 1969-70 soggiorna negli Stati Uniti con una borsa di studio per ricerche sul New American Cinema. Al ritorno in Italia pubblica un volume sull’argomento (Occhio mio dio, 1971). Tra il 1964 e il 1983 ha realizzato molti servizi per i programmi televisivi Almanacco, Tempo libero, Cordialmente, L’Approdo, Quattrostagioni, Penelope, Giovanni, Zoom, Matita blu, Duepersette, Sereno variabile e Vediamoci sul due. Nel 1983 ha montato una serie di documentari industriali per Pirelli, Impregilo, Hydroart, Italtrafo e Ansaldo. 
 
Zimmerfrei è un collettivo di artisti nato nel 2000 a Bologna dall’artista e filmmaker Anna de Manincor (Trento, 1972), dal musicista e sound designer Massimo Carozzi (Massa, 1967) e dall’artista e regista Anna Rispoli (Bassano del Grappa, 1974), che resta nel gruppo fino al 2019. Zimmerfrei compone opere di diverso medium e formato: ambienti sonori, installazioni video, performance, spettacoli multimediali, film documentari e fotografie. Le opere cambiano e si strutturano, a detta degli artisti, in base all’ente con il quale si trovano a interagire e collaborare. Nei loro ultimi progetti elaborano in particolare il concetto di “urbano”, nel senso di ritratto di città e narrazione, come nella serie di video intitolata Panorama, realizzata tra Roma, Venezia, Bologna e altre città, fra il 2004 e il 2005. La loro ricerca artistica raggiunge anche molte città estere e le loro opere sono esposte in occasioni internazionali come il Festival Videodance di Atene del 2007 e il CPH: DOX di Copenhagen del 2019. Sulla scena nazionale le loro numerose partecipazioni si registrano in festival come il Club To Club di Torino (2007), dedicato all’arte e alla musica elettronica, il Festival Internazionale del Film di Roma (edizioni del 2008 e del 2013), quello di Torino (nel 2012 e 2016) e il RoBOt Festival di Bologna (2021). Tra i riconoscimenti ricevuti il Premio per Miglior Film al Festival Opere Nuove di Bolzano (2001), il Gotham Prize (2012), l’Italian Art Council (2019) e il LOOP – A-Place Award (2020).