La biografia

Mimmo Jodice

Mimmo Jodice nasce nel 1934 a Napoli dove risiede. Dopo alcune esperienze con il disegno, la pittura e la scultura, a partire dall'inizio degli anni sessanta focalizza il suo impegno, in maniera radicale e definitiva, sulla fotografia.
Al 1967 risale la sua prima mostra personale, che si tiene alla Libreria La Mandragola di Napoli, presentata da Antonio Napolitano e nello stesso anno, nell'edizione italiana della rivista americana "Popular Photography", è pubblicata per la prima volta una sua immagine.
Nei lavori di questo periodo rifiuta il concetto che vuole la fotografia specchio della realtà e si accosta alle arti visive e alle coeve ricerche di stampo concettuale. Sperimenta, infatti, le possibilità espressive della fotografia, dal punto di vista tecnico (combinandola, talvolta, con interventi manuali, soprattutto con il collage) o linguistico. Già da allora, si rivela fondamentale nel suo processo creativo il lavoro svolto in camera oscura, dove l'autore imprime alla registrazione del dato oggettuale, ulteriori, e talvolta irriproducibili, manipolazioni (in una intervista parla di "alchimia della camera oscura", cfr. M. Jodice, Milano 1983).
Nel 1968 tiene la sua prima mostra personale in uno spazio pubblico nelle sale del Teatro Spento del Palazzo Ducale di Urbino.
All'urgenza di impegno politico che segna l'Italia degli anni settanta, Jodice aderisce con un corpus di opere di impegno sociale, nelle quali il tema del Meridione viene riproposto in una chiave inedita, con immagini "ben costruite", investite della potenza di simboli, seppure frutto di una esperienza diretta, esercitata sul campo (cfr. G. Bonini, Milano 1980). I lavori di questo periodo nascono spesso dalla collaborazione con storici, antropologi o sociologi, e trovano visibilità in alcune mostre e nella pubblicazione di libri. Tra i primi, il volume Chi è devoto con Roberto De Simone e il ciclo di immagini Il ventre del colera, scattate in Campania durante l'epidemia del 1973, raccolte in una mostra al Sicof di Milano e nel volume introdotto da Domenico De Masi. Le sue foto di impegno sociale compaiono nel primo numero della rivista "Progresso Fotografico", uscito nella veste monografica nel gennaio del 1978 e sono inserite nella mostra Facets of the Permanent Collection. Expressions of the Human Condition, curata da Van Deren Coke nel 1981 per il Museum of Arts di San Francisco, che rappresenta il primo importante riconoscimento del suo lavoro in ambito internazionale. L'attenzione al tema sociale vede anche Mimmo Jodice impegnato nella ideazione di opere collettive, come il progetto curato con Cesare De Seta ed esteso ad altri fotografi la cui prima tappa è il libro Napoli 1981. Sette fotografi per una nuova immagine.
Nel 1970 Mimmo Jodice è invitato a tenere corsi sperimentali presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli dove, istituita la cattedra di Fotografia, insegna sino al 1994.
Nel corso degli anni settanta, procede parallela, la sperimentazione linguistica, che l'autore propone attraverso una serie di mostre, in particolare Nudi dentro cartelle ermetiche nella Galleria Il Diaframma di Milano nel 1970 presentata da Cesare Zavattini e Identificazione allo Studo Trisorio di Napoli nel 1978 presentata da Marina Miraglia. Contemporaneamente, Mimmo Jodice è tra i protagonisti della scena d'avanguardia a Napoli, accesa soprattutto dalla attività di alcune gallerie, la Modern Art Agency di Lucio Amelio, lo Studio Morra, lo Studio Trisorio e la Galleria di Lia Rumma. Una testimonianza della sua partecipazione, spesso irrorata da rapporti amicali, è stata in seguito raccolta nel volume Avanguardie a Napoli, curato da Bruno Corà nel 1996.
Nel 1983 la casa editrice Fabbri dedica a Mimmo Jodice uno dei primi volumi monografici della collana "I grandi fotografi", con un testo di Filiberto Menna e un colloquio dell'autore con Giuseppe Alario.
Molti studiosi concordano nell'individuare un significativo cambiamento nell'iter del suo lavoro, a partire dalla serie di immagini raccolte sotto il titolo Vedute di Napoli, realizzate dal 1978 e raccolte l'anno seguente in un volume con testi di Giuseppe Bonini e di Giuseppe Galasso. In queste immagini scompare del tutto la figura umana e Jodice si allontana in maniera ancor più radicale dall'intenzione di documentare la scena reale. Le sue fotografie vengono definite "metafisiche" e la sua ricerca è interpretata come un lavoro di autoanalisi dal quale affiora il dato surreale della vita di tutti i giorni. La stessa capacità di trasformare scorci, oggetti, vedute, in immagini spiazzanti o cariche di valore simbolico, si manifesta, successivamente, nelle fotografie raccolte nei libri Naples: une archéologie future con testo di Jean-Claude Lemagny, Gibellina con testo di Arturo Carlo Quintavalle, entrambi del 1982, e Suor Orsola. Cittadella monastica nella Napoli del Seicento del 1987 con testo di Annette Malochet. Una selezione delle foto apparse in questi volumi viene esposta in una mostra personale presentata nell'ambito della manifestazione "Mois de la photo '88" a Parigi e pubblicata nel volume Mimmo Jodice fotografie insieme a un testo di Carlo Bertelli.
Nel 1988 Mimmo Jodice fotografa la città di Arles e lo stesso anno ne espone le immagini in una mostra personale nel Musée Réattu di Arles accompagnata da un catalogo con testo di Michèle Moutashar. Dopo questa raccolta, dedicherà numerose altre serie di immagini a città diverse. Saranno oggetto del suo interesse, New York (1985), Parigi (1992-1994), Roma (1999, 2005-2007), Boston (2000-2001), São Paulo (2003-2004), Tokyo (2004-2006), Mosca (2006).
Successivamente, nel 2006, una mostra nel Palazzo Reale di Napoli e il volume Città visibili, pubblicato in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Architettura conferitagli dall'Università degli Studi di Napoli Federico II, raccolgono le tappe di questo suo itinerario spinto ben oltre i confini della sua città natale, mentre altri volumi - spesso pubblicati in occasioni di mostre personali - approfondiscono la visione di una singola città, come Paris: City of Light del 1998 con un testo di Adam Gopnik pubblicato in occasione della mostra alla Maison Européenne de la Photo di Parigi, Inlands. Visions of Boston del 2001 curato da David D. Nolta e Ellen R. Shapiro e pubblicato in occasione della mostra al Massachusetts College of Art and Design di Boston, São Paulo del 2004, con un testo di Stefano Boeri e pubblicato in occasione della mostra al Museu de Arte de São Paulo, Roma del 2008 con testi di Richard Burdett e di Cornelia Lauf. Contemporaneamente, Mimmo Jodice prosegue il suo itinerario entro i confini di Napoli, la città dove, pur denunciandone le difficoltà, sceglie di continuare a vivere. Le immagini che ne derivano sono oggetto di alcune mostre, tra le altre, La città invisibile al Museo di Castel Sant'Elmo a Napoli del 1990 presentata da Germano Celant.
A partire dagli anni ottanta, in diverse occasioni, Mimmo Jodice rivolge il suo sguardo all'arte antica e all'archeologia, ne sono risultati volumi come Un secolo di furore del 1986 con Nicola Spinosa, Michelangelo sculture del 1989 con Eugenio Battisti, negli anni Novanta i volumi Paestum, Pompei, Neapolis e Puteoli con Fausto Zevi, nel 1992 i cataloghi Antonio Canova e La collezione Boncompagni Ludovisi. Algardi, Bernini e la fortuna dell'antico curato, quest'ultimo, da Antonio Giuliano. Dal suo interesse per l'architettura nasce la collaborazione con Álvaro Siza e la serie di foto esposte alla Fundação de Serralves di Porto nel 1990.
Nel 1990 la sua partecipazione alla mostra collettiva Vue du Pont curata da Anny Milovanoff alla Chartreuse di Villeneuve lez-Avignon lascia emergere la sua predilezione per i temi legati alla memoria.
Nel 1993 in occasione della mostra a Villa Pignatelli di Napoli e a Palazzo della Ragione a Padova, esce la monografia Mimmo Jodice. Tempo interiore a cura di Roberta Valtorta nella quale sono indagate la "dimensione metafisica", il "superamento dell'esperienza sensoriale", la capacità di creare realtà "altre" e di instaurare un rapporto con il mondo del sogno.
Gradualmente prende corpo nel lavoro di Mimmo Jodice una raccolta di opere identificate con il titolo di Mediterraneo, nelle quali ricordi individuali, memoria collettiva, sguardo interiore, si combinano in un affresco della cultura grecoromana, la cui storia e i cui miti sono restituiti nel personale linguaggio dell'autore. Per la prima volta le foto appartenenti a questo tema sono raccolte nel volume Mediterranean pubblicato dalla casa editrice newyorkese Aperture nel 1995 con testi di George Hesey e di Predrag Matvejevi in occasione della mostra personale al Philadelphia Museum of Art di Filadelfia. Numerose mostre vengono dedicate a questo stesso tema, che è diversamente trattato nelle personali al Cleveland Museum of Art di Cleveland e alla Aperture Burden's Gallery di New York nel 1999, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma e al Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea di Rivoli nel 2000, all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo e nel Museo di Fotografia a Mosca nel 2006.
Nel 1995 nella Galleria Lia Rumma di Napoli e successivamente, nel 1998, nella mostra al Museo di Palazzo Ducale di Mantova e nella monografia curata da Germano Celant, appare un nuovo ciclo di fotografie intitolato Eden, concepito come "una metafora sulla violenza quotidiana" (cfr. M. Jodice, Milano 2004).
Nel 2000 viene pubblicata la monografia Isolario mediterraneo con testo di Predrag Matvejević, nella quale appaiono riunite per la prima volta le fotografie dedicate al mare, un tema destinato ad acquistare grande rilievo nel lavoro di Mimmo Jodice. Immagini depurate da ogni struttura legata al rito moderno della vacanza e assegnate a una condizione di solitario pellegrinaggio alla ricerca di un diverso equilibrio tra noi e le cose (cfr. M. Jodice, Milano 2000). Al tema del mare è dedicata la mostra del 2001 nella sede milanese della Galleria Lia Rumma e nel 2003 alla Galleria Baudoin Lebon di Parigi presentata da Bernard Millet.
Nel 2001 la Galleria d'Arte Moderna di Torino dedica a Mimmo Jodice un'ampia mostra retrospettiva curata da Pier Giovani Castagnoli.
Sue mostre personali si tengono in seguito in altri spazi pubblici, tra gli altri, al Museum of Modern Art di Wakayama in Giappone e alla Casa della Fotografia di Mosca nel 2003, al Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto a Rovereto nel 2004 e al Museo di Capodimonte a Napoli nel 2008.
Nel 2003 è stato insignito del Premio Feltrinelli per la prima volta assegnato alla Fotografia.
Nel nuovo millennio, tra le numerose monografie apparse, vi sono quelle a carattere antologico a cura di Roberta Valtorta pubblicata dalle edizioni Motta nel 2003 e la più recente Perdersi a guardare a cura di Alessandra Mauro, edita nel 2008 da Contrasto, con il titolo della quale l'autore si è voluto identificare in una citazione da Fernando Pessoa, "ma cosa stavo pensando prima di perdermi a guardare?".